Letteratura

Attorno al Premio Strega

Qualche riflessione in merito alla recente premiazione dello Strega. Il mio preferito era Covacich, coi suoi magistrali racconti della “Sposa”, degno anche per una carriera alle spalle già ricca di sostanziosi successi e traguardi, al punto che noi stessi, nella fortunata stagione di RicercaRE, il “Laboratorio di nuove scritture” organizzato a Reggio Emilia, restii ad assegnare premi, avevamo invece creato un’eccezione per richiamare il pubblico, e conferendo un altisonante Premio del Tricolore a uno dei romanzi più riusciti di Covacich, “A perdifiato”. Purtroppo la cittadinanza reggiana ci snobbò, inducendo l’assessore alla cultura del momento a licenziarsi. Però ho la consolazione di vedere che la vittoria, andata a Nicola Lagioia e alla sua “Ferocia” ha pur sempre premiato un autore apparso anche lui ai per me magici e inarrivabili appuntamenti reggiani, seppure quasi al loro termine, tanto è vero che, intervenendo in altra sede, sull’”Immaginazione”, unica possibilità cartacea che mi resta, ho espresso un “pollice recto” a favore di quest’opera, con la consolazione di aver visto invece soccombere la prova estenuata, esangue, inutilmente diluita della misteriosa Ferrante, ostinata a nascondere la sua peraltro assai scarsa personalità. Probabilmente ha ragione Elisabetta Sgarbi, direttrice della Bompiani presso cui Covacich è uscito, nell’osservare che forse la mancata vincita del suo autore dipende dal fatto di essersi presentato con una raccolta di racconti, mentre in genere per tradizione si preferisce la solidità e compattezza del romanzo, doti che non sono certo mancate alla prova di Lagioia.
Visto che siamo in tema di Strega, nella mia qualità di non-votante, ma non sono ammesso a nessuna giuria di premi letterari in quanto notoriamente critico “inesistente”, già defunto o forse mai nato a un’anagrafe ufficiale, osservo con qualche compiacimento che una serie di premiazioni è andata proprio ad autori già apparsi a RucercaBO: Scarpa, Ammaniti, infine, l’anno scorso, Piccolo. In merito a quest’ultima assegnazione, andata al “Desiderio di essere come tutti”, ci stanno due considerazioni: mi ero espresso a suo favore in un “pollice recto” affidato alla solita “Immaginazione”, prima ancora che ricevesse il riconoscimento ufficiale. E del resto credo di aver recensito favorevolmente quasi ogni sua uscita precedente, potrei farlo anche per l’opera post-Strega uscita quest’anno, “Momenti di trascurabile infelicità”, forse con qualche riluttanza perché Piccolo insiste ormai troppo sulla sua peraltro arguta e divertente “morra cinese” in modi ormai ben noti e collaudati, rischiando così di ingenerare un effetto di ridondanza quale non ho mancato di imputare pure all’ultimo Benni. Ma ritornando all’opera precedente laureata allo Strega dell’anno scorso, forse non ne è stata messa in pieno risalto la portata “politically incorrect”, dove nella sua autonarrazione Piccolo confessa di aver pianto alla morte di Berlinguer, e inveito, o lanciato simbolicamente monetine, contro Craxi all’uscita del Raphaël, ma poi si ricrede osservando che in definitiva Berlinguer ha ritardato lo sbocco del PCI verso la socialdemocrazia. Col che posso ricongiungermi alle riflessioni che ho riversato nell’altro contenitore. La diagnosi di Piccolo, al di là delle sue fin troppo collaudate tecniche umoristiche, è esatta e attualmente confermata attraverso un rivendicatore quale Renzi, che ha messo nell’angolo gli eredi di Berlinguer, ovvero i continuatori della tradizione dura e pura risalente al PCI, nonostante le successive aperture e stemperamenti. Per la prima volta in tutta la storia del dopoguerra nostrano la sinistra si è riscossa dalla dominazione di specie, checché si dica o si voglia attenuare, di specie comunista, tanto che i vari Bersani, D’Alema, Cofferati ecc. sono stati messi nell’angolo, e perfino l’incrocio catto-comunista della Bindi ha subito sconfitte contro cui ha tentato di reagire malamente. Renzi, nonostante le sue matrici democristiane, è un autentico rilanciatore della causa di quella povera socialdemocrazia messa nell’angolo, strapazzata, rigettata da una sponda all’altra, tra i due dominatori per più di mezzo secolo, DC e PCI. Per questa ragione invitavo l’attuale segretario nazionale del PSI a sciogliere la sua formazione e a riconoscersi pienamente rappresentato dal Pd in versione renziana. Tra i vari paradossi e giochi all’incontrario di cui Piccolo è instancabile ricamatore ci sta pure questo, anche se per ortodossia di sinistra non gli si è voluto dare troppo rilievo.

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