Attualità

Dom. 20-5-18 (presidente)

Purtroppo pare che siamo ormai a un passo dal compiersi del crimine, che cioè i “barbari”, per usare la giusta espressione del “Financial Times” si insedino a Palazzo Chigi. Debole è il filo di speranza che in dirittura d’arrivo, domani stesso, Salvini, come cavallo impazzito, scarti dalla via obbligata, accolga l’accorato appello proveniente da Berlusconi e Merloni di un “Matteo, torna a casa”, evitando in extremis di andare a impiccarsi nella sconveniente alleanza con Di Maio, in cui gli toccherà recitare un ruolo subordinato. Parliamo piuttosto del comportamento tenuto in questa occasione dal nostro Presidente, Mattarella. Esiste lo stereotipo per cui si dichiara di avere “piena fiducia nella magistratura”, quando invece tutti diffidano di una casta che si divide a ogni grado di giudizio, che perde un tempo inaudito nello stendere le sentenze, e nel complesso nell’imporre alla giustizia dei ritardi che non trovano riscontro in nessun altro Paese. Allo stesso modo si usa proclamare che si ha “piena fiducia nel Quirinale”, ma al contrario nel caso presente Mattarella si è comportato da persona di scarso coraggio, preoccupato soprattutto di dover assumere l’iniziativa tagliando corto col balletto ridicolo degli indugi dei due contraenti. Ma meglio stare al loro gioco, accordargli una fiducia che sarà risicata, affidata ad appena una maggioranza di sei o sette senatori, ammesso che votino concordi, e che sarà interrotta ad ogni passo da liti intestine tra i due partners, già evidenti dietro l’angolo. Ma a questo modo, e a danno del nostro Paese, mettendo in piedi una fragile intesa, i due gli hanno tolto le castagne dal fuoco. Pensiamo quanta fatica, quanta responsabilità sarebbe stata per lui dover varare un governo di sua fattura, con l’incarico di andare al più presto a nuove elezioni. Nel che sarebbe stato palese il vantaggio di Salvini, quasi sicuro di arrivare al premio di maggioranza del 40% e di essere a capo del governo, dovendo fare i conti solo con Berlusconi e Meloni, conti senza dubbio meno ardui di quelli che ad ogni passo dovrà fare, da una posizione di inferiorità, col ducetto e presuntuoso Di Maio. Che vantaggio ci sarebbe, per un fervido sostenitore della sinistra come lo scrivente? Meglio avere un unico avversario, ben messo a fuoco, e oltretutto tirato per la giacca dal moderato Berlusconi, piuttosto che avere la somma sgradevole di due estremismi.
Quanto al “mio” Pd, cui mi sono iscritto in segno di adesione nell’attuale disgrazia, fa senso sentire Martina e suoi sostenitori pronunciare una reprimenda contro il governo Lega-Cinque Stelle, con le stesse bocche con cui hanno stigmatizzato la ferma pronuncia di Renzi secondo cui una intesa con i Pentastellati era impensabile. Al momento la saggezza di Matteo ha mantenuto unito il partito, in attesa di poter sostituire l’ondivago Martina, capace di tuonare solo a posteriori, con un più efficace segretario. Naturalmente in me resta la speranza che costui sia un fedele alla linea, quale potrà essere. dell’unico uomo forte di cui il Pd continua a disporre.

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