Attualità

Domenicale 23-4-16

In queste mie note solitarie e autoreferenziali ho sempre evitato di parlare di Bologna e dintorni, è ora che lo faccia, ma dovendo ammettere che si tratta di un ambito in cui devo registrare una mia totale sconfitta. Certe campagne di stampa che ho sostenuto con qualche evidenza, sia sull’”Unità”, quando usciva l’inserto locale, sia sul “Corriere di Bologna”, sotto la intelligente direzione di Armando Nanni, non hanno sortito alcun effetto, anzi, le scelte politiche recenti sono andate in direzione opposta, tanto che mi censuro da me, rinuncio per esempio a chiedere di nuovo ospitalità sul “Corriere” per evitare di riceverne rifiuti o silenzi reticenti. La prima di queste sanguinose sconfitte riguarda il passante a Nord, da me sostenuto, invece sostituito dalla orrida soluzione di allargare l’attuale tangenziale, cedimento del sindaco in pectore Merola alla pressione dei campanili confinanti, nella loro gelosa tutela di pezzulli di terreno agricolo. Su una tangenziale già oggi inadeguata, sempre a rischio di blocchi per tamponamenti o altro, si abbatteranno i lavori di ampliamento che la paralizzeranno per due o tre anni, creando innumerevoli problemi di esproprio. Poteva essere possibile e perfino utile procedere in tal senso tanti anni fa, quando, assieme ad altri, peroravo la causa di approfittare dell’arrivo dell’Alta Velocità per portare tutto il fascio dei binari a scorrere in parallelo, appunto, con la tangenziale, trovando così l’occasione naturale e funzionale di allargarla, in un’unica tornata di lavori pubblici. Ma così non si è fatto, le Ferrovie dello Stato, rinnovando lo stato di servitù che la nostra città ha sempre subito da parte loro, sono ricorse all’inutile e costosa soluzione di scavare quel cassone a grande profondità che non risolve nessun problema, rendendo la vita difficile ai poveri viaggiatori quando devono ritornare a galla perdendo preziosi minuti, e dovendo risalire per ben due livelli interposti. Uno di questi avrebbe potuto essere destinato a ospitare binari ulteriori, così sgombrando la superficie, riducendo l’area occupata dalle linee di lungo percorso, apprestando una sorta di metropolitana affidata a treni locali veloci e frequenti, e consentendo anche un possibile attraversamento dell’area ferroviaria, una volta che fosse stata ristretta, con ponti o tunnel. Così invece Bologna soggiace, in Piazza Medaglie d’oro, a una strettoia implacabile, vergognosa, indegna di una città civile, senza riscontro in nessuna altra città di medio-piccola grandezza nell’intero nostro Paese, e nessuno sa quando se ne potrà saltar fuori.
L’altra cocente mia sconfitta riguarda i vari interventi a favore di una espansione della nostra Università nell’area ex-Staveco, da me definita addirittura “Terra promessa”, se la si fosse legata al progetto di sgomberare l’area di Piazza Verdi dall’attuale eccesso di presenze studentesche che da decenni la compromettono irrimediabilmente. Ma il nuovo rettore Ubertini naviga in totale controtendenza, ha messo la sordina all’ipotesi Staveco destinandola ai tempi lunghi, ha lanciato un risibile progetto di rilancio e tutela di Piazza Verdi e spazi limitrofi invocando la collaborazione degli studenti, che sarebbe come chiedere l’intervento di un branco di lupi a custodia di indifese pecorelle, corrispondenti a preziose istituzioni quali il Teatro Comunale e i Musei universitari. Si vede che il rettore scende col paracadute nella sua sede in Palazzo Poggi o, più verosimilmente, vi penetra dalla entrata posteriore di via Belmeloro, o si fa bendare nel caso fortuito che di fretta osi avventurarsi ad attraversare Piazza Verdi, e dunque non vede gli orridi murali verniciati a tinte violente dai suoi amati studenti, come segno di buona volontà e di preziosa collaborazione alla richiesta del Magnifico. Se non ci si decide ad operare un salasso in zona, a portar via una massa di studenti, così anche troncando l’inevitabile indotto degli homeless che navigano nelle loro torbide acque, non c’è salvezza per quel quartiere, lo dimostrano decenni di esperienze, e di tentativi falliti di porvi rimedio agendo dall’interno.

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