Arte

Laurina Paperina e i suoi provocanti cartoons

La visita virtuale di questa domenica si spinge non molto lontano, a Trento, e precisamente allo Studio Raffaelli, dove espone una giovane artista, Laurina Paperina (1980), multiforme ma nello stesso tempo solidamente incentrata su un nucleo di evidente originalità. Io, con i colleghi del gruppo di “videoartyearbook”, l’ho già inserita molte volte nelle nostre rassegne, e con grande successo. Vi rappresenta il versante delle creazioni in studio, con l’aiuto della computer graphic, a sfida dei cartoons. In patcolar modo, Laurina ci dà l’antistrofe della stucchevole serie di Peppa Pig. Quanto quelle immagini sono stancanti per il loro ostentato buonismo, adatte a un kinderheim, effettivo o di adulti regrediti all’infanzia, altrettanto le elaborazioni di Laurina, pur valendosi di una medesima scioltezza, sinteticità ed essenziale policromia, sono perverse, feroci, provocatorie, basti pensare al ciclo del “Caccolaman”, oppure all’altro dove risuona di continuo una sferzante bestemmia, “Ziopork”. Ma il pregio della Nostra è di non lasciarsi incastrare in una sola versione. Intanto, queste immagini così bene scandite potrebbero venire vergate su pareti di edifici, in una street art che eviterebbe gli stucchevoli figurativismi di molti dei suoi adepti, o anche il troppo austero bianco e nero di Bansky. Ma Laurina non disdegna di approdare su superfici più convenzionali, brevi fogli cartacei che catturano i suoi mostriciattoli, e compensano il loro ridotto formato con l’avvertenza di addensarsi in folti stuoli, a grappolo, quasi con un fenomeno di cariocinesi, di moltiplicazione, che oltretutto lascia alla disponibilità degli allestitori se decidere di stringere quella fitta popolazione o di allargarla amacchia diffusa. Accanto al supporto cartaceo, qualche volta ne entra in scena uno più solido, ma trovato anch’esso in una materia congeniale a versioni “popolari”. Si tratta di brevi superfici di ceramica, quasi cocci, simili a degli ex-voto, da appendere religiosamente alle pareti. O no, dato che il loro contenuto è sempre malizioso-perverso, il risultato è di distendere sui muri una protesta laica, un repertorio di smorfie, di caricature, di manifestazioni del tralignamento, dell’irregolarità come regola assoluta. Ultima virtù da rilevare, il fatto che questa famiglia di volti minacciosi o accattivanti talvolta si sgrana in una sfilza di presenze solitarie, anche se raccolte a costituire come degli arcipelaghi, talaltra invece decide di praticare una regia di insieme, e allora, se vogliamo, siamo in presenza di un omaggio ai geni di assembramenti di questa natura, concepiti nel segno della follia più spinta. Si pensa a Bosch, a Brueghel, con la differenza, “ça va sans dire”, che la loro sacralità qui viene voltata del tutto in chiave Pop, corsiva, dissacrante.
Trento, Studio Raffaelli, fino al 10 dicembre

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