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Perché non ci hanno chiamato a Minsk?

Avevo già deciso di lasciar perdere l’incontro di Minsk, capitale della Bielorussia, tra il presidente dell’Ucraina. Proshenko, e i presidenti o capi di governo di Russia, Germania e Francia, Putin, Merckel e Hollande, se un fatterello di queste ore non mi avesse fornito lo spunto per richiamarlo, pur con due settimane di ritardo.

Infatti è giunta da poco la notizia che anche il premier dell’Inghilterra, Dan Cameron, ha avvertito finalmente la vergogna di non essere stato coinvolto e ha cercato rimedio promettendo di inviare qualche istruttore militare su quel fronte caldo, ci si può immaginare con quanto imbarazzo e senso di inutilità quei meschini potrebbero entrare in scena. Si fa comunque ancor più grave l’assenza, in quella faccenda, del nostro premier, di un Renzi che quanto a decisionismo in genere non perde un colpo, a differenza del suo infelice predecessore Letta, abituato invece a “slittare”. Eppure, quell’iniziativa del duo Merkel-Hollande appare davvero brutta, da stigmatizzare, si configura come un ritorno a una rozza realpolitik, come dire che quando i giochi si fanno seri, non c’è trippa per i gatti, ed è meglio lasciar cadere le vacue pretese di partner europei più deboli. Non convince la scusa esibita dalla nostra Mogherini, nella sua qualità di ministro degli esteri proprio dell’Unione europea, che quell’incontro era già stato stabilito prima della sua nomina. Se lo si ritiene opportuno o addirittura necessario, una lista di ospiti se può sempre riaprire, inoltre non risulta che a quella loro missione sfacciatamente posta nel segno dell’oltracotanza Hollande e Merkel siano arrivati con delega manifesta degli altri Paesi europei.
Ma al di là delle questioni di forma, che in politica estera hanno pur sempre un certo peso, l’Italia avrebbe dovuto essere invitata perché abbiamo un ottimo esempio da offrire su come si risolvono i conflitti quando un Paese, per trascorsi storici, si trova ad avere ingoiato alcune regioni di lingua e tradizioni decisamente diverse rispetto alla maggioranza della nazione inglobante. Mi riferisco ovviamente al Sud Tirolo, o Alto Adige che dir si voglia, cioè alla Provincia di Bolzano e dintorni, che ci siamo presi per diritto di conquista come risarcimento del milione di nostri caduti nella Grande Guerra, accampando un discutibile criterio che dovessero toccare a noi le terre le cui acque finiscono nell’Adriatico, in barba al fatto che così ci annettevamo paesi di manifesta lingua e tradizioni appartenenti alla nazione tedesca. Da qui, come tutti ricorderanno, un periodo postbellico di manifestazioni irridentiste, da parte dei suditirolesi, con attentati e altri atti di terrorismo, cui però abbiamo posto rimedio andando a una trattativa, se non sbaglio conclusa a Osimo, con cui abbiamo concesso a quella minoranza quanto potevano richiedere per una coesistenza pacifica con noi, e dunque, primato della lingua tedesca, altre autonomie garantite, una pioggia di denaro per i loro problemi. Da quel momento l’irridentismo è cessato, le due comunità vivono in pace, nessuno propone un referendum propositivo per un ritorno di quella regione all’Austria.
E dunque, anche l’Ucraina studi quelle modalità, invece di fare il viso delle armi alle minoranze russofile delle province a Est, suscitando per ovvie reazioni i brontolii, o le zampate, dell’orso russo, chiamato a proteggere quelle sue creature. In altre parole, se l’Ucraina nel suo complesso vuole tutelare la sua opzione per l’Europa e l’Occidente, la deve ammorbidire con molte opportune concessioni, e sbagliamo noi occidentali se, cedendo alle suggestiono di un partner lontano e fuori rischio come gli USA, la incitiamo a fare la faccia feroce, arrivando addirittura a minacciare di togliere ai russofili le forniture di gas, che fra l’altro viene proprio dalla Russia, e dunque la minaccia sfiora il comico. Forse addirittura è opportuno che, per raffreddare i bollori militaristici gravanti su quell’area, un’Ucraina filo-occidentale al momento se ne resti fuori della Nato, almeno se con ciò è possibile tranquillizzare l’orso russo, e ovviamente indurlo a recedere da invasioni e altre minacce.

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