Letteratura

Siti: dove sta lo scandalo?

Ovviamente in questa domenica non posso mancare di occuparmi del romanzo del giorno, del “Bruciare tutto” di Walter Siti, ma evitando di immergermi nello scandalo pretestuoso delle più o meno esplicite dichiarazioni di pedofilia, che come vedremo sono poi meno gravi di quanto la confusa polemica suscitata da quest’opera ha fatto nascere. Semmai, il romanzo ha difetti intrinseci, quali una normale critica ha tutto l’agio di mettere in luce, senza scomodare tormentoni di portata moralistica. In fondo, quet’opera conferma meriti e limiti quali erano già apparsi nel precedente “Resistere non serve a nulla”, come avevo accertato in una recensione apparsa sull’”Immaginazione”. Il lato positivo stava allora, e trova conferma ora,. nel metter davanti a tutto un protagonista “come noi”, impastato di mediocrità, che questa volta è il sacerdote Leo Bassoli, ma niente affatto intinto di sacra aura, non guardingo e insopportabile difensore della missione sacra che pure gli sarebbe affidata, pronto invece a interloquire con i comuni mortali, a colpi di uscite dialettali, sempre in linea con le povere esistenze che incontra sul proprio cammino, costituite in larga parte da extra-comunitari. La disinvoltura con cui l’autore si muove in questo pelago mi fa ripetere una possibile sua inclusione nella categoria di un neorealismo del tutto degno di essere accreditato di un secondo “neo”, proprio per una piena rispondenza agli usi e costumi della nostra esistenza quotidiana. Resta però un interrogativo, perché assumere in partenza la figura di un sacerdote? C’è in questo qualche eco della biografia di Siti, egli è stato per qualche tempo in seminario? Oppure è già l’abile predisposizione a entrare nella questione della pedofilia, che sappiamo bene pesare tanto sulla casta sacerdotale dei nostri giorni? Ma per circa una metà del romanzo Siti sembra esitare a imboccare questa pista, un lettore pruriginoso si chiede se per caso non è stato ingannato dai clamori pubblici suscitati attorno all’opera. C’è in questo una certa rassomiglianza con la prova precedente, il cui protagonista, anche lui di bassa fortuna, ma esente dal sacerdozio, esita prima di imboccare la pista di risoluto e cinico uomo d’affari. Ma finalmente lo spettro del passato si presenta, però, ancora una volta, in vesti accettabili e piene di savoir faire. Infatti, nel bel mezzo delle pratiche caritatevole del nostro prete, che ci sa fare, seppure tra esitazioni e dubbi, compare un tale Massino che gli chiede aiuto, proprio nel nome di un loro lontano rapporto omosessuale, ma in definitiva vissuto con disinvoltura, senza lasciare troppi strascichi, del resto si tratta di vicenda che pare ormai chiusa. Piuttosto, i severi censori di questa vicenda avrebbero dovuto soffermarsi su un passo agghiacciante, seppure marginale. Il buon Leo sa bene di nutrire in sé la vergognosa pulsione verso la pedofilia, e se ne vuole confessare secondo il rito previsto da Madre Chiesa. Non so, di nuovo, se Siti attinga in merito a qualche esperienza vissuta in proprio, sta di fatto che il confessore incontrato fortuitamente in una simile occasione, invece di condannare la colpa, si esibisce in una serie di astuti consigli su come evitare esiti dannosi, su come non irritare i poveri innocenti suscitando le loro rimostranze o denunce, Questo è il vero scandalo, che dovrebbe sollecitare a promuovere un’inchiesta per accertare se ci sono davvero dei confessori che si comportano in modi così ipocriti e davvero riprovevoli. Ma intanto Leo cresce di grado, ovvero frequenta persone più altolocate, che per questa ragione vivono in ménage incerti, di amori multipli, accedendo a ogni genere di vizi. Nel mezzo di questo ambiente di élite compare la tenera esistenza di Arturo, un ragazzino che l’assenza al suo fianco dei genitori, troppo intenti a coltivare i rispettivi vizi, ha abituato a crescere in orgogliosa solitudine e in precoce maturità, come i parenti riconoscono affibbiandogli il soprannome, tra l’ammirato e il preoccupato, di Geniussy. E siamo ormai al punto contestato, che però ha uno svolgimento tutt’altro che blasfemo. Il pietoso Leo non può mancare di essere attratto dalla vita sconsolata, priva di affetti, di Geniussy, e certo riemerge in lui la vecchia pulsione pedofila, ma in definitiva il sacerdote sa contenersi, evitare di ricadere nella colpa. Che poi, nell’intimità procurata proprio dall’assistenza, morale e anche corporale, che il bravo sacerdote rivolge al ragazzino, quest’ultimo sia preso da una pulsione sessuale e gli accarezzi gli organi genitali, è cosa del tutto verosimile. Sappiamo quanta curiosità gravi sull’infanzia in tal senso, lo stesso Freud ha svelato la sessualità potenziale che incombe su quella fase evolutiva. Comunque, Leo si controlla, allontana da sé la tentazione. Che poi Andrea reagisca in modo violento procurandosi la morte, è atto crudele che può trovare tante giustificazioni, l’abbandono da parte del mondo degli adulti, la croce di dover reggere da solo le prime inquietudini sessuali e l’intero capitolo delle relazioni sociali. Oltranzista, radicale è la reazione di Leo, che ancora una volta dimostra quanto egli non accetti il ruolo sacerdotale impostogli dall’autore. C’è in lui davvero un viaggio al termine della notte che si conclude col “Bruciare tutto” del titolo, il sacerdote ormai sul punto di spretarsi si porta in un luogo derelitto alla periferia di Napoli e là si dà fuoco, cioè si impone un’orrida modalità di morte, eccessiva rispetto ai falli commessi, o in definitiva evitati. I lettori distratti non hanno notato che ben peggiore e più colpevole era l’esito del romanzo precedente, dove un equivalente laico di Leo, salito in alto nella potenza economica, costringe un debitore a concedergli di soddisfare le sue voglie sessuali sul corpo innocente di una figlia minorenne.
Walter Siti, Bruciare tutto, Rizzoli, pp. 369, euro 20.
Ovviamente in questa domenica non posso mancare di occuparmi del romanzo del giorno, del “Bruciare tutto” di Walter Siti, ma evitando di immergermi nello scandalo pretestuoso delle più o meno esplicite dichiarazioni di pedofilia, che come vedremo sono poi meno gravi di quanto la confusa polemica suscitata da quest’opera ha fatto nascere. Semmai, il romanzo ha difetti intrinseci, quali una normale critica ha tutto l’agio di mettere in luce, senza scomodare tormentoni di portata moralistica. In fondo, quet’opera conferma meriti e limiti quali erano già apparsi nel precedente “Resistere non serve a nulla”, come avevo accertato in una recensione apparsa sull’”Immaginazione”. Il lato positivo stava allora, e trova conferma ora,. nel metter davanti a tutto un protagonista “come noi”, impastato di mediocrità, che questa volta è il sacerdote Leo Bassoli, ma niente affatto intinto di sacra aura, non guardingo e insopportabile difensore della missione sacra che pure gli sarebbe affidata, pronto invece a interloquire con i comuni mortali, a colpi di uscite dialettali, sempre in linea con le povere esistenze che incontra sul proprio cammino, costituite in larga parte da extra-comunitari. La disinvoltura con cui l’autore si muove in questo pelago mi fa ripetere una possibile sua inclusione nella categoria di un neorealismo del tutto degno di essere accreditato di un secondo “neo”, proprio per una piena rispondenza agli usi e costumi della nostra esistenza quotidiana. Resta però un interrogativo, perché assumere in partenza la figura di un sacerdote? C’è in questo qualche eco della biografia di Siti, egli è stato per qualche tempo in seminario? Oppure è già l’abile predisposizione a entrare nella questione della pedofilia, che sappiamo bene pesare tanto sulla casta sacerdotale dei nostri giorni? Ma per circa una metà del romanzo Siti sembra esitare a imboccare questa pista, un lettore pruriginoso si chiede se per caso non è stato ingannato dai clamori pubblici suscitati attorno all’opera. C’è in questo una certa rassomiglianza con la prova precedente, il cui protagonista, anche lui di bassa fortuna, ma esente dal sacerdozio, esita prima di imboccare la pista di risoluto e cinico uomo d’affari. Ma finalmente lo spettro del passato si presenta, però, ancora una volta, in vesti accettabili e piene di savoir faire. Infatti, nel bel mezzo delle pratiche caritatevole del nostro prete, che ci sa fare, seppure tra esitazioni e dubbi, compare un tale Massino che gli chiede aiuto, proprio nel nome di un loro lontano rapporto omosessuale, ma in definitiva vissuto con disinvoltura, senza lasciare troppi strascichi, del resto si tratta di vicenda che pare ormai chiusa. Piuttosto, i severi censori di questa vicenda avrebbero dovuto soffermarsi su un passo agghiacciante, seppure marginale. Il buon Leo sa bene di nutrire in sé la vergognosa pulsione verso la pedofilia, e se ne vuole confessare secondo il rito previsto da Madre Chiesa. Non so, di nuovo, se Siti attinga in merito a qualche esperienza vissuta in proprio, sta di fatto che il confessore incontrato fortuitamente in una simile occasione, invece di condannare la colpa, si esibisce in una serie di astuti consigli su come evitare esiti dannosi, su come non irritare i poveri innocenti suscitando le loro rimostranze o denunce, Questo è il vero scandalo, che dovrebbe sollecitare a promuovere un’inchiesta per accertare se ci sono davvero dei confessori che si comportano in modi così ipocriti e davvero riprovevoli. Ma intanto Leo cresce di grado, ovvero frequenta persone più altolocate, che per questa ragione vivono in ménage incerti, di amori multipli, accedendo a ogni genere di vizi. Nel mezzo di questo ambiente di élite compare la tenera esistenza di Arturo, un ragazzino che l’assenza al suo fianco dei genitori, troppo intenti a coltivare i rispettivi vizi, ha abituato a crescere in orgogliosa solitudine e in precoce maturità, come i parenti riconoscono affibbiandogli il soprannome, tra l’ammirato e il preoccupato, di Geniussy. E siamo ormai al punto contestato, che però ha uno svolgimento tutt’altro che blasfemo. Il pietoso Leo non può mancare di essere attratto dalla vita sconsolata, priva di affetti, di Geniussy, e certo riemerge in lui la vecchia pulsione pedofila, ma in definitiva il sacerdote sa contenersi, evitare di ricadere nella colpa. Che poi, nell’intimità procurata proprio dall’assistenza, morale e anche corporale, che il bravo sacerdote rivolge al ragazzino, quest’ultimo sia preso da una pulsione sessuale e gli accarezzi gli organi genitali, è cosa del tutto verosimile. Sappiamo quanta curiosità gravi sull’infanzia in tal senso, lo stesso Freud ha svelato la sessualità potenziale che incombe su quella fase evolutiva. Comunque, Leo si controlla, allontana da sé la tentazione. Che poi Andrea reagisca in modo violento procurandosi la morte, è atto crudele che può trovare tante giustificazioni, l’abbandono da parte del mondo degli adulti, la croce di dover reggere da solo le prime inquietudini sessuali e l’intero capitolo delle relazioni sociali. Oltranzista, radicale è la reazione di Leo, che ancora una volta dimostra quanto egli non accetti il ruolo sacerdotale impostogli dall’autore. C’è in lui davvero un viaggio al termine della notte che si conclude col “Bruciare tutto” del titolo, il sacerdote ormai sul punto di spretarsi si porta in un luogo derelitto alla periferia di Napoli e là si dà fuoco, cioè si impone un’orrida modalità di morte, eccessiva rispetto ai falli commessi, o in definitiva evitati. I lettori distratti non hanno notato che ben peggiore e più colpevole era l’esito del romanzo precedente, dove un equivalente laico di Leo, salito in alto nella potenza economica, costringe un debitore a concedergli di soddisfare le sue voglie sessuali sul corpo innocente di una figlia minorenne.
Walter Siti, Bruciare tutto, Rizzoli, pp. 369, euro 20.
Ovviamente in questa domenica non posso mancare di occuparmi del romanzo del giorno, del “Bruciare tutto” di Walter Siti, ma evitando di immergermi nello scandalo pretestuoso delle più o meno esplicite dichiarazioni di pedofilia, che come vedremo sono poi meno gravi di quanto la confusa polemica suscitata da quest’opera ha fatto nascere. Semmai, il romanzo ha difetti intrinseci, quali una normale critica ha tutto l’agio di mettere in luce, senza scomodare tormentoni di portata moralistica. In fondo, quet’opera conferma meriti e limiti quali erano già apparsi nel precedente “Resistere non serve a nulla”, come avevo accertato in una recensione apparsa sull’”Immaginazione”. Il lato positivo stava allora, e trova conferma ora,. nel metter davanti a tutto un protagonista “come noi”, impastato di mediocrità, che questa volta è il sacerdote Leo Bassoli, ma niente affatto intinto di sacra aura, non guardingo e insopportabile difensore della missione sacra che pure gli sarebbe affidata, pronto invece a interloquire con i comuni mortali, a colpi di uscite dialettali, sempre in linea con le povere esistenze che incontra sul proprio cammino, costituite in larga parte da extra-comunitari. La disinvoltura con cui l’autore si muove in questo pelago mi fa ripetere una possibile sua inclusione nella categoria di un neorealismo del tutto degno di essere accreditato di un secondo “neo”, proprio per una piena rispondenza agli usi e costumi della nostra esistenza quotidiana. Resta però un interrogativo, perché assumere in partenza la figura di un sacerdote? C’è in questo qualche eco della biografia di Siti, egli è stato per qualche tempo in seminario? Oppure è già l’abile predisposizione a entrare nella questione della pedofilia, che sappiamo bene pesare tanto sulla casta sacerdotale dei nostri giorni? Ma per circa una metà del romanzo Siti sembra esitare a imboccare questa pista, un lettore pruriginoso si chiede se per caso non è stato ingannato dai clamori pubblici suscitati attorno all’opera. C’è in questo una certa rassomiglianza con la prova precedente, il cui protagonista, anche lui di bassa fortuna, ma esente dal sacerdozio, esita prima di imboccare la pista di risoluto e cinico uomo d’affari. Ma finalmente lo spettro del passato si presenta, però, ancora una volta, in vesti accettabili e piene di savoir faire. Infatti, nel bel mezzo delle pratiche caritatevole del nostro prete, che ci sa fare, seppure tra esitazioni e dubbi, compare un tale Massino che gli chiede aiuto, proprio nel nome di un loro lontano rapporto omosessuale, ma in definitiva vissuto con disinvoltura, senza lasciare troppi strascichi, del resto si tratta di vicenda che pare ormai chiusa. Piuttosto, i severi censori di questa vicenda avrebbero dovuto soffermarsi su un passo agghiacciante, seppure marginale. Il buon Leo sa bene di nutrire in sé la vergognosa pulsione verso la pedofilia, e se ne vuole confessare secondo il rito previsto da Madre Chiesa. Non so, di nuovo, se Siti attinga in merito a qualche esperienza vissuta in proprio, sta di fatto che il confessore incontrato fortuitamente in una simile occasione, invece di condannare la colpa, si esibisce in una serie di astuti consigli su come evitare esiti dannosi, su come non irritare i poveri innocenti suscitando le loro rimostranze o denunce, Questo è il vero scandalo, che dovrebbe sollecitare a promuovere un’inchiesta per accertare se ci sono davvero dei confessori che si comportano in modi così ipocriti e davvero riprovevoli. Ma intanto Leo cresce di grado, ovvero frequenta persone più altolocate, che per questa ragione vivono in ménage incerti, di amori multipli, accedendo a ogni genere di vizi. Nel mezzo di questo ambiente di élite compare la tenera esistenza di Arturo, un ragazzino che l’assenza al suo fianco dei genitori, troppo intenti a coltivare i rispettivi vizi, ha abituato a crescere in orgogliosa solitudine e in precoce maturità, come i parenti riconoscono affibbiandogli il soprannome, tra l’ammirato e il preoccupato, di Geniussy. E siamo ormai al punto contestato, che però ha uno svolgimento tutt’altro che blasfemo. Il pietoso Leo non può mancare di essere attratto dalla vita sconsolata, priva di affetti, di Geniussy, e certo riemerge in lui la vecchia pulsione pedofila, ma in definitiva il sacerdote sa contenersi, evitare di ricadere nella colpa. Che poi, nell’intimità procurata proprio dall’assistenza, morale e anche corporale, che il bravo sacerdote rivolge al ragazzino, quest’ultimo sia preso da una pulsione sessuale e gli accarezzi gli organi genitali, è cosa del tutto verosimile. Sappiamo quanta curiosità gravi sull’infanzia in tal senso, lo stesso Freud ha svelato la sessualità potenziale che incombe su quella fase evolutiva. Comunque, Leo si controlla, allontana da sé la tentazione. Che poi Andrea reagisca in modo violento procurandosi la morte, è atto crudele che può trovare tante giustificazioni, l’abbandono da parte del mondo degli adulti, la croce di dover reggere da solo le prime inquietudini sessuali e l’intero capitolo delle relazioni sociali. Oltranzista, radicale è la reazione di Leo, che ancora una volta dimostra quanto egli non accetti il ruolo sacerdotale impostogli dall’autore. C’è in lui davvero un viaggio al termine della notte che si conclude col “Bruciare tutto” del titolo, il sacerdote ormai sul punto di spretarsi si porta in un luogo derelitto alla periferia di Napoli e là si dà fuoco, cioè si impone un’orrida modalità di morte, eccessiva rispetto ai falli commessi, o in definitiva evitati. I lettori distratti non hanno notato che ben peggiore e più colpevole era l’esito del romanzo precedente, dove un equivalente laico di Leo, salito in alto nella potenza economica, costringe un debitore a concedergli di soddisfare le sue voglie sessuali sul corpo innocente di una figlia minorenne.
Walter Siti, Bruciare tutto, Rizzoli, pp. 369, euro 20.
Ovviamente in questa domenica non posso mancare di occuparmi del romanzo del giorno, del “Bruciare tutto” di Walter Siti, ma evitando di immergermi nello scandalo pretestuoso delle più o meno esplicite dichiarazioni di pedofilia, che come vedremo sono poi meno gravi di quanto la confusa polemica suscitata da quest’opera ha fatto nascere. Semmai, il romanzo ha difetti intrinseci, quali una normale critica ha tutto l’agio di mettere in luce, senza scomodare tormentoni di portata moralistica. In fondo, quet’opera conferma meriti e limiti quali erano già apparsi nel precedente “Resistere non serve a nulla”, come avevo accertato in una recensione apparsa sull’”Immaginazione”. Il lato positivo stava allora, e trova conferma ora,. nel metter davanti a tutto un protagonista “come noi”, impastato di mediocrità, che questa volta è il sacerdote Leo Bassoli, ma niente affatto intinto di sacra aura, non guardingo e insopportabile difensore della missione sacra che pure gli sarebbe affidata, pronto invece a interloquire con i comuni mortali, a colpi di uscite dialettali, sempre in linea con le povere esistenze che incontra sul proprio cammino, costituite in larga parte da extra-comunitari. La disinvoltura con cui l’autore si muove in questo pelago mi fa ripetere una possibile sua inclusione nella categoria di un neorealismo del tutto degno di essere accreditato di un secondo “neo”, proprio per una piena rispondenza agli usi e costumi della nostra esistenza quotidiana. Resta però un interrogativo, perché assumere in partenza la figura di un sacerdote? C’è in questo qualche eco della biografia di Siti, egli è stato per qualche tempo in seminario? Oppure è già l’abile predisposizione a entrare nella questione della pedofilia, che sappiamo bene pesare tanto sulla casta sacerdotale dei nostri giorni? Ma per circa una metà del romanzo Siti sembra esitare a imboccare questa pista, un lettore pruriginoso si chiede se per caso non è stato ingannato dai clamori pubblici suscitati attorno all’opera. C’è in questo una certa rassomiglianza con la prova precedente, il cui protagonista, anche lui di bassa fortuna, ma esente dal sacerdozio, esita prima di imboccare la pista di risoluto e cinico uomo d’affari. Ma finalmente lo spettro del passato si presenta, però, ancora una volta, in vesti accettabili e piene di savoir faire. Infatti, nel bel mezzo delle pratiche caritatevole del nostro prete, che ci sa fare, seppure tra esitazioni e dubbi, compare un tale Massino che gli chiede aiuto, proprio nel nome di un loro lontano rapporto omosessuale, ma in definitiva vissuto con disinvoltura, senza lasciare troppi strascichi, del resto si tratta di vicenda che pare ormai chiusa. Piuttosto, i severi censori di questa vicenda avrebbero dovuto soffermarsi su un passo agghiacciante, seppure marginale. Il buon Leo sa bene di nutrire in sé la vergognosa pulsione verso la pedofilia, e se ne vuole confessare secondo il rito previsto da Madre Chiesa. Non so, di nuovo, se Siti attinga in merito a qualche esperienza vissuta in proprio, sta di fatto che il confessore incontrato fortuitamente in una simile occasione, invece di condannare la colpa, si esibisce in una serie di astuti consigli su come evitare esiti dannosi, su come non irritare i poveri innocenti suscitando le loro rimostranze o denunce, Questo è il vero scandalo, che dovrebbe sollecitare a promuovere un’inchiesta per accertare se ci sono davvero dei confessori che si comportano in modi così ipocriti e davvero riprovevoli. Ma intanto Leo cresce di grado, ovvero frequenta persone più altolocate, che per questa ragione vivono in ménage incerti, di amori multipli, accedendo a ogni genere di vizi. Nel mezzo di questo ambiente di élite compare la tenera esistenza di Arturo, un ragazzino che l’assenza al suo fianco dei genitori, troppo intenti a coltivare i rispettivi vizi, ha abituato a crescere in orgogliosa solitudine e in precoce maturità, come i parenti riconoscono affibbiandogli il soprannome, tra l’ammirato e il preoccupato, di Geniussy. E siamo ormai al punto contestato, che però ha uno svolgimento tutt’altro che blasfemo. Il pietoso Leo non può mancare di essere attratto dalla vita sconsolata, priva di affetti, di Geniussy, e certo riemerge in lui la vecchia pulsione pedofila, ma in definitiva il sacerdote sa contenersi, evitare di ricadere nella colpa. Che poi, nell’intimità procurata proprio dall’assistenza, morale e anche corporale, che il bravo sacerdote rivolge al ragazzino, quest’ultimo sia preso da una pulsione sessuale e gli accarezzi gli organi genitali, è cosa del tutto verosimile. Sappiamo quanta curiosità gravi sull’infanzia in tal senso, lo stesso Freud ha svelato la sessualità potenziale che incombe su quella fase evolutiva. Comunque, Leo si controlla, allontana da sé la tentazione. Che poi Andrea reagisca in modo violento procurandosi la morte, è atto crudele che può trovare tante giustificazioni, l’abbandono da parte del mondo degli adulti, la croce di dover reggere da solo le prime inquietudini sessuali e l’intero capitolo delle relazioni sociali. Oltranzista, radicale è la reazione di Leo, che ancora una volta dimostra quanto egli non accetti il ruolo sacerdotale impostogli dall’autore. C’è in lui davvero un viaggio al termine della notte che si conclude col “Bruciare tutto” del titolo, il sacerdote ormai sul punto di spretarsi si porta in un luogo derelitto alla periferia di Napoli e là si dà fuoco, cioè si impone un’orrida modalità di morte, eccessiva rispetto ai falli commessi, o in definitiva evitati. I lettori distratti non hanno notato che ben peggiore e più colpevole era l’esito del romanzo precedente, dove un equivalente laico di Leo, salito in alto nella potenza economica, costringe un debitore a concedergli di soddisfare le sue voglie sessuali sul corpo innocente di una figlia minorenne.
Walter Siti, Bruciare tutto, Rizzoli, pp. 369, euro 20.

Standard