Letteratura

Zap & Ida: passi giusti verso il giallo

Conoscevo e apprezzavo da tempo l’operato della coppia Zap & Ida (Vincenzo Zapparoli, Ida Cassetta) per i loro volumi di disegni satirici di esilaranti sferzate inflitte ai potenti di turno, sulla falsariga degli attuali migliori vignettisti politici, un Gianelli sul “Corriere”, un Altan su “Repubblica”, uno Staino, sull’”Unità”, di cui ha anche la direzione. Non conoscevo invece la loro produzione di giallisti, fin quando Ida non mi ha dato il capostipite di una attività che ormai ha raggiunto la trilogia. Si tratta di “Passi”, che non esito a mettere a confronto con “Intrigo italiano” di un giallista ben più titolato di loro quale Lucarelli, e anche a risolvere la gara in netto favore della coppia meno nota nel campo. In entrambi i casi la scena è del tutto petroniana, ma si profila subito un vantaggio a favore dei due, in quanto evitano la curiosa e nociva decisione del loro concorrente, di arretrare nel tempo, di portarsi a una data, anni ’50, in cui Bologna non era “né carne ne pesce”, nulla la distaccava da una generica mediocrità, e la rendeva del tutto refrattaria proprio all’”intrigo italiano” che in modo arbitrario Lucarelli h preteso di piazzarvi, come se fosse un luogo di incrocio di servizi segreti internazionali, alla James Bond. Invece Zap & Ida in merito non hanno grlli per il capo, propendono per l’attualità più spicciola, facendo così la delizia del lettore che, se bolognese, non deve far sforzi mnemonici per risalire ai locali, ai bar e ristoranti di cui Lucarelli fa sfoggio nella sua cronaca retrospettiva. Naturalmente il compito principale che si pone a ogni giallista che si rispetti è di trovare il protagonista, che sia abile, pieno di fiuto, ma in vesti dimesse, riluttante alla disciplina, e dunque in aperto conflitto con i superiori. Questa figura candidata a essere accolta con simpatia, fino a farne un beniamino, con desiderio di ritrovarlo a prossimi appuntamenti, è Amareno Fabbri, nella cui denominazione gli autori danno una ennesima prova del loro umorismo, in quanto si tratta del pronto sfruttamento di un ben noto marchio industriale-pubblicitario, il che è già un modo di strizzare l’occhio al lettore e di imprimere al tutto un tono scanzonato, da non prendere troppo sul serio. Anche se questa coincidenza del nome con l’affermato prodotto non menoma assolutamente l’efficacia, l’intuito dell’investigatore, con la conseguente disputa nei confronti delle autorità superiori, rappresentate in questo caso dal questore Birillio. Fa parte di un’adesione a andamenti quasi obbligatori il ricorso alla collaborazione gratuita e diligente fornita da prostitute. Qui entriamo nell’inverosimile, cui del resto ci ha abituato anche il grande Camilleri. Basterà rivolgersi al recente episodio della serie Montalbano, andato in onda lunedì scorso 13 marzo, dove compare un personaggio che è nello stesso tempo brava madre di famiglia e prostituta, impegnata in un lavoro come tanti altri per rimpinguare il budget domestico, col pieno assenso del marito. Situazione del tutto incredibile e insostenibile, se riportata nell’ambito di una piccola comunità meridionale, in cui, come è ben noto, la peggiore offesa da rivolgere a un marito sta proprio in un implacabile “chillu sape”. Qui compare una prostituta tutto-fare, Marisa, fra l’altro di buona famiglia, per cui l’andare a battere nel marciapiede sembra più uno sport, una scelta ghirìbizzosa che una necessità, e la cosa si deve ripetere per una sua compagna di strada, Laura Bonvicini, anche lei con famiglia ragguardevole e benestante alle spalle. Inverosimile è pure che il bravo detective intrecci con Marisa, non una rapida relazione, un consumo provvisorio, quasi come premio di consolazione per gli affanni gravanti su un poliziotto, ma con tanto di passione, di partecipazione, fino a fare coppia fissa. Rientriamo invece nella parte positiva del romanzo quando, venendo al sodo, vi è escogitata una serie di omicidi, ben quattro a ripetizione, ma con l’abilità di non farli discendere tutti da una stessa fonte, bensì da mani omicide differenti, il che costituisce un garbuglio difficile da districare. Lo sdoppiamento dei delinquenti consente anche alla vicenda di toccare tasti diversi, assegnando un colpevole alla categoria dei mostri, dei patologicamente deviati, come rivelano proprio i “passi” eponimi con cui il criminale spia la sua preda; l’altro invece appartiene a una diversa categoria di bullismo sfrenato, confidante nell’appoggio che gli viene dai privilegi familiari e dai poteri forti che questi si trascinano dietro.
Zap & Ida, Passi, Giraldi Editore, pp.233, euro 13,50.

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