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Andrea Colombo giudica i Maledetti

Piuttosto che cincischiare una volta di più nell’asfittico dibattito nostrano in vista delle prossime elezioni, vale la pena di sollevarsi in “più spirabil aere” parlando del saggio di Andrea Colombo (1954) dedicato ai “Maledetti”, ovvero, come spiega il sottotitolo, a quegli intellettuali che sul finire degli anni Trenta si posero “Dalla parte sbagliata della storia”, militando a favore del nazifascismo e delle persecuzioni antisemite. Colombo ha indagato con puntuale precisione filologica su una ventina di presenze del genere, mantenendo un giusto equilibrio, non di condanna aprioristica, ma certamente neanche di assoluzione. Parecchi di questi casi erano già noti, io stesso credo di aver avuto modo di intervenire in merito, il mio pensiero va ai filosofi Gentile e Heidegger, agli scrittori Céline e Pound, agli artisti Marinetti e Sironi. Ma si stupisce e l’interesse si accende quando la lista si allarga a casi su cui non si aveva, o io almeno non avevo, chiara conoscenza. In un elenco del genere ci stanno Hamsun, Benn, Lorenz, Cioran, Eliade, perfino Eliot. Diciamo che le cose non sono poi andate molto male, in definitiva coloro che hanno pagato con la vita questo loro essersi posti “dalla parte sbagliata” sono stati soltanto due, il francese Brasilliach, che, come apprendiamo dall’accurata ricostruzione di Colombo, proprio nulla ha fatto per scagionarsi dalle sue colpe, quasi ricercando l’esecuzione capitale come una forma di suicidio. Noi Italiani dobbiamo lamentare la sorte del filosofo Gentile, la cui fine però è avvolta nel mistero, pare che avvenisse senza ordine esplicito dell’Associazione Nazionale Partigiani, si trattò di un delitto oscuro e trasversale. Forse fu un bene ringraziare che Marinetti morisse sul finire del ’44, così risparmiando a lui una uccisione violenta, e a noi il conseguente rimorso. E ancora, certo è deprecabile che Pound venisse esposto in una gabbia al pubblico ludibrio dei suoi connazionali, per essere poi relegato in una clinica psichiatrica, ma in definitiva così salvò la vita, sottostando, come gli altri, a una punizione soprattutto di ordine morale, peraltro giustificata e inevitabile. In definitiva, il comportamento di coloro che in quegli anni furono “dalla parte corretta” della storia fu abbastanza equanime. Tra tutti, i filosofi hanno ottenuto il trattamento migliore. Heidegger è tornato di moda, nonostante il suo indubbio parteggiamento per il nazismo, anche da parte di filosofi di ultra-sinistra, come Vattimo. In merito ricordo che io sono sempre stato, da buon fenomenologo, a favore di Husserl e contro l’autore di “Sein und zeit”, secondo gli umori dominanti nell’immediato dopoguerra. Ricordo che Umberio Eco, nell’invitarmi a collaborare a una rassegna del pensiero contemporaneo prevista da Bompiani, mi scrisse che “naturalmente” ci saremmo occupati più di Husserl che di Heidegger, tanto allora le azioni di quest’ultimo erano in ribasso, salvo poi a rialzarsi in modo a mio avviso eccessivo. Quanto a Gentile, a riscontro della sua fine tragica e del trionfo del rivale Croce, ricordo che il mio professore di filosofia al liceo ci diceva della sorpresa di aver assistito a un rilancio del pensiero gentiliano, su tutte le sponde, anche della sinistra, da Spirito a Calogero a Della Volpe, mentre Croce, nonostante la “parte giusta” da lui battuta, è stato lodato e seguito solo da mediocri letterati, e le sue azioni da filosofo sono crollate del tutto. Doloroso per me il caso dell’ammirato Céline, cui ho fatto dedicare e curato un numero monografico del “Verri” negli anni Settanta, tentando io stesso di giustificare il suo antisemitismo come difesa del mondo dei poveri, da bravo medico dei sobborghi quale lui sempre si sentì, e quindi avverso agli ebrei che vedeva soprattutto nelle vesti di affamatori del popolo, di rappresentanti dell’alta borghesia affaristica. E anche Pound inseguiva il suo sogno neo-medievale di una società libera dall’usura, dalla mentalità del profitto ad ogni costo. Ma certo queste impostazioni, pur comprensibili, in entrambi i casi hanno portato a esiti inaccettabili. Qualcosa del genere vale per il nostro Marinetti, mentre per un artista come Sironi, un’assoluzione è più facile, in definitiva un pittore vale per la qualità della sua opera, al di là del quadro teorico cui si ispira. Del resto tra pochi giorni andrò a lodare i grandi muralisti messicani, di cui sono note le affinità proprio coi nostri muralisti del calibro di Sironi, assieme ad altri non compromessi sul piano ideologico. E ci sono pure ben note corrispondenze con quanto stava avvenendo anche negli USA nel quadro del New deal roosveltiano. In definitiva, e riassumendo, fu giusto allora, e lo sarà in ogni momento, colpire chi ha commesso reati contro le persone, mentre il dibattito sulle idee dovrà sempre essere soppesato con cura, nei vari pro e contro.

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