Ricevo di nuovo un libro dalla Einaudi, di Alice Cappagli, “Niente caffè per Spinoza”, così come in precedenza mi era arrivata “La vita dispari” di Paolo Colagrande, e ne sono ben lieto, tanto più che di nuovo mi è possibile esprimere anche su questo secondo arrivato un giudizio del tutto positivo, per giunta motivato da ragioni di natura diversa. Ovvero i due prodotti non si assomigliano affatto, ma pescano in acque tra loro distanti. Nella Cappagli non si rintraccia certo l’ironia fredda, quasi metafisica, come nell’opera di Colagrande. Al contrario, almeno in partenza, la protagonista di questo romanzo, di nome Maria Vittoria, è ben decisa a “volare basso”, quasi intimando a se stessa la prescrizione che nel film “Un eroe per caso” Dustin Hoffman pronuncia continuamente verso il figlio. Del resto, di che cosa si dovrebbe inorgoglire, questa modesta esistenza che soffre dei tipici mali del nostro tempo, cattivo esito di un matrimonio, disoccupazione, liti in famiglia, insomma difficoltà ad ogni livello. Da cui però la salva l’intervento provvidenziale di un’amica che le fa ottenere un posto di badante presso un anziano professore di filosofia in disarmo. E qui comincia il bello, dato che la configurazione di questo personaggio è condotta in modo addirittura geniale. Questo anziano, semicieco, ne combina di tutti i colori, da bambolone cui si vede ridotto, che fa malestri in cucina, se lasciato a gestire da solo la sua ghiottoneria, con la pretesa, magari, di cuocersi un riso ma versandosi addosso l’acqua bollente e così producendosi dolorose scottature. Maria Vittoria è stata reclutata non come domestica “tutto fare”, ma secondo la regola d’ingaggio dovrebbe prestarsi come lettrice per il povero ex-docente, che non può più contare sui suoi occhi, e qui si introduce un tema esilarante, in quanto il raffinato professore chiede all’inserviente di andargli a pescare di volta in volta, nel massimo disordine della sua biblioteca, un certo testo filosofico, una delle cui massime sarebbe adatta a commentare la situazione che il professore stesso, la sua famiglia, ivi compresa anche l’assistente, stanno vivendo. Vengono quindi pescate al proposito o meno frasi sentenziose soprattutto di Epitetto, ma anche di Aristotele, Agostino, Pascal, Bergson, in un ardito e piacevole bisticcio continuo con le basse pratiche che si consumano in quello sgangherato ménage. Del resto, il titolo la dice lunga, chiamando in causa Spinoza, ma subito contrastato, menomato da un caffè, cioè di una minima prestazione domestica, che non arriva, per i pasticci che i due conduttori del gioco combinano, volenti o nolenti. E’ una coppia ben assortita, pur nella sua voluta e calcolata diversità, di fronte a cui devono cedere i comprimari: una figlia del professore troppo preoccupata di sue questioni personali, e dunque perpetuamente assente; una cognata che tenta di impadronirsi della situazione per comandare su tutti, ma che viene colpita dalla legge del taglione, lei così abile e adatta agli inghippi dell’esistenza, viceversa è la prima ad andarsene, vittima di una malattia. Si aggiunga anche un’altra mossa opportuna dell’autrice, che non lascia troppo spago alla sua creatura “bassa”, non le permette di sviluppare a fondo una relazione pur promettente con un uomo baldo e simpatico. Devono rimanere in lizza, a combattersi, comprendersi, in definitiva stimarsi, da un lato il Professore, dalle sue altezze, ma compromesse dalla malattia, e dall’altro l’umile “badante”, Un contrasto che produce scintille di ironia, di humour, tali da ricordare un modo molto simile di procedere per piccole scosse quale è proprio del narratore Domenico Starnone. Su cui, come è ben noto, si è scatenata la pretesa di assegnargli l’esecuzione del romanzo “L’amica geniale”, da cui tuttavia è totalmente assente proprio la dimensione dell’ironia, qui invece, come nelle opere di Starnone, scoppiettante, ben dosata, fino allo spegnersi inevitabile di chi ne è la fonte, il Professore, con tutto il carico della sua sapienza e dei suoi limiti fisici.
Alice Cappagli, Niente caffè per Spinoza, Einaudi, pp. 273, euro 17,50.