Letteratura

Carmen Pellegrino, un romanzo sovrabbondante

In genere ogni anno metto a confronto le cinquine rispettive del Premio Strega e del Campiello, osservando che le prime sono sempre più azzeccate delle seconde, merito di una giuria più professionale in azione per il Premio romano, mentre il Campiello, con decisione populista, si affida, se è vero, a una giuria di lettori comuni. Ma quest’anno le due cinquine si sono pericolosamente ravvicinate, in peggio, tanto che pure per quella dello Strega ho dovuto capovolgere la classifica, in base al motto che gli ultimi saranno i primi. Ora sono curioso di vedere che cosa succederà al Campiello. Spero che finalmente un autore come Andrea Bajani col suo “Libro delle case”, Feltrinelli, abbia quanto merita, cioè il primo posto. Posso concedere che il secondo posto vada a un autore delle mie parti, Paolo Nori, in possesso di molte virtù, ma sempre tropo pronto a giocherellare con i suoi riferimenti, a uscir fuori dal retto cannino strizzando un po’ troppo l’occhio al lettore, tentando di prenderlo a braccetto e di fargli condividere le proprie divagazioni. Succede in particolare con quest’ultimo “Sanguina ancora”, Mondadori, che in realtà sarebbe dedicato al grande Dostoevskij, ma è bene che il nome del grande narratore russo non compaia nel titolo, dato che non domina affatto nelle pagine di questo romanzo-saggio, sempre pronto a essere attirato dai casi di tanti altri romanzieri russi, al seguito dell’indubbia competenza in materia del nostro Nori. Irritano soprattutto le confessioni personali che è pronto a infilare a ogni passo. Per una lettura più dettagliata di quest’opera rimando al blog che gli ho dedicato.
Nella cinquina dello Strega avevo salvato, degno di un terzo posto, il romanzo di Giulia Caminito, “L’acqua del lago non è mai dolce”, Bompiani, prova onesta e apprezzabile, degna appunto, anche questa volta, di un terzo o quarto posto. In ultima posizione ci può stare Paolo Malaguti di nuovo con accenno all’acqua, che nel suo caso “ride”, Bompiani, ma è un’acqua del tutto casereccia, della laguna veneta, in cui l’autore annaspa. appartenente a un repertorio degno del neorealismo d’antan, e del resto il libro era uscito da tempo, tanto che avevo potuto recensirlo nel mio blog, dandogli già un voto abbastanza basso. Che cosa resta? La sorpresa è Carmen Pellegrino, con “La felicità degli altri”, Nave di Teseo, una prova che sfugge a un giudizio fermo e stabile, il che può anche essere un buon segno. Vi appaiono nomi ieratici, di difficile natura e stato sociale, come il Generale e Madame, genitori adottivi, o veri, biologici? Dalle cui maglie comunque la persona che si esprime in diretta tenta di fuggire, portandosi dietro un amato fratello, Emmanuel. Sullo sfondo campeggiano luoghi mitici, come la Collina, e una Vinegia, capace anche di raccogliere qualche riflesso medievale come vuole la dizione in lingua antica con cui viene menzionata. In un armamentario complesso e non ben dominato compaiono tante cose, tra cui addirittura la Crociata degli Innocenti, quell’evento medievale tra realtà e mito. Come del resto tante altre sono le frecce nella faretra di questa scrittrice. Però si potrebbe giocare sul titolo della sua opera, che sembra voler fare soprattutto “la felicità degli altri”, cioè di noi ipocrìti lettori, invitandoci a tanti conviti, ma troppo rapidi, così da non saziare mai la nostra fame, Comunque, viva l’abbondanza, la capacità di uscire delle piste tradizionali, quindi in conclusione alla Pellegrino darei un terzo posto in classifica.
Carmen Pellegrino, La felicità degli altri, La nave di Teseo, pp. 239. Euro 18-

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