Arte

Cattivi auspici per la prossima Biennale

Sono stati resi noti sia i criteri, sia i selezionati per la prossima Biennale di Venezia, posta sotto la direzione di Christine Macel. Prudenza vorrebbe che ci si pronunciasse solo andando a vedere il risultato, e dunque mi scuso subito per talune riflessioni negative che mi viene di anticipare, ben lieto se poi mi dovrò smentire. Ma torno a constatare le insufficienze della categoria dei “curators”, cui malgrado tutto la Macel appartiene, anche se si dichiara storica dell’arte e distante dall’ossessione per il “sempre nuovo”. Difetto di questa categoria, è una evidente sproporzione tra un ruolo che dovrebbe essere di massima concretezza e aderenza ai fatti, e invece l’enunciazione di vaghi principi generali, Che senso ha dichiarare che la prossima edizione sarà ispirata a “umanesimo, liberazione, generosità”? Conosciamo una qualche opera d’arte valida che non rispetti simili requisiti generalisti? Del resto, ammettiamolo, il direttore di Documenta non è da meno, con quella curiosa partenza da Atene, quasi che una rassegna d’arte fosse equiparabile a una Olimpiade. Chi sarà il tedoforo, pardon, l’artista che accenderà il sacro fuoco per farlo arrivare, attraverso una staffetta di altri nomi illustri, fino a Kassel? E per fortuna che in questo caso la distanza è corta, cosa succederebbe se un prossimo direttore di Documenta cercasse ispirazione dalle statue dell’Isola di Pasqua? Ma tornando alla nostra Biennale, non è un segno di presa di distanza dal “nuovismo” il fatto che i due unici nomi sbandierati in sede di conferenza stampa siano i già ampiamente messi in mostra da tutte le parti Olafur Eliasson e Franz West. C’è poi una bella e allettante sfilata di nomi, 120, molti dei quali almeno a me incogniti, ma di nuovo cadiamo nel vago quanto alle ripartizioni di tante presenze. I temi davvero cogenti del momento sarebbero il confronto tra il concettuale e un indubbio ritorno della pittura, e un’indagine sui vari modi di praticare la tanto richiesta street art, che poi si articola nel graffitismo e nel wall painting. E poi, ci sarebbe da fare una classificazione sui mille modi di darsi alla videoarte. Queste, le vie concerete di dirci “che arte fa”, piuttosto che saggiare le “dimensioni del tempo e dell’infinito”-
C’è poi il doloroso capitolo della presenza di nostri artisti. Se non sbaglio ce ne sono appena quattro, più un giusto omaggio a Maria Lai, troppo pochi. Un presidente che sappia svolgere davvero il suo compito non potrebbe rivolgere istanza al direttore di turno di prestare un po’ più di attenzione ai nostri? Si dirà che per loro c’è il padiglione Italia, e magari i nomi fatti questa volta sono anche nel giusto, ma nulla si è fatto, nonostante il coro di critiche e proteste della volta scorsa, per rivedere la collocazione della nostra presenza, ancora una volta punita dall’essere collocata alla fine dell’intera sfilata delle Corderie, nel luogo più buio e scomodo, Quando si avrà finalmente il coraggio di riportarla nel padiglione centrale, dedicandole un’ala di questo, e così pure limitando i danni del “curator” di turno?

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