Letteratura

De Giovanni: delitto e castigo di un Angelo

In passato mi ero espresso favorevolmente rispetto a un prodotto di uno dei tanti giallisti d’assalto presenti nel nostro mondo letterario, Maurizio De Giovanni, all’altezza di “Pane”, appartenente alla serie dei “Bastardi di Pizzofalcone”, forse perché ben disposto dalla vista di episodi di quella serie resi in modo efficace alla Tv. Ora di fronte al “Purgatorio dell’Angelo”, appartenente all’altra serie di successo di questo narratore, legata al Commissario Ricciardi, mi devo ricredere, o quanto meno devo rilevare i numerosi limiti, che del resto questo specifico prodotto ha in comune con tante altre imprese sue pari. Intanto, pare che una simile formula implichi l’obbligo che il commissario abbia qualche insoluto guaio sentimentale. Nel caso del più illustre campione del filone, il commissario Montalbano, interviene la stucchevole litania degli infiniti “incontrarsi e dirsi addio” con Livia, speriamo che Camilleri si decida a lasciar perdere quel remoto legame e lasci libera la sua creatura di valersi di incontri femminili, occasionali ma assai più appetitosi. Una serie minore intitolata al “Commissario Manara” vede anch’essa l’irritante va e vieni tra l’eponimo di queste inchieste e una compagna di banco, si può giurare che in ogni puntata i due si lasciano per ritrovarsi un momento dopo. Forse però non è un obbligo stretto impostare questi defatiganti duetti, se pensiamo che i due campioni massimi della categoria, Conan Doyle col suo Sherlock Holmes e Agatha Christie coi suoi Poirot e Miss Marple, hanno lasciato i rispettivi eroi in totale stato di “singles”, senza dover pagare un qualche scotto presso il loro vasto pubblico.
Ma a parte la noiosa vicenda sentimentale che tiene legato il nostro Riccardi, altri sono i motivi stereotipati, come per esempio l’obbligo che in ogni puntata accanto all’episodio principale ce ne sia uno minore e laterale, una matassa lasciata da sbrogliare al numero due delle indagini, in questo caso il buon Maione, intento a scoprire l’inevitabile, anche questo un motivo ricorrente, mela marcia che si annida nella compagine degli onesti poliziotti. Ma il peggio sta evidentemente nel motivo centrale, nel delitto che ha portato a spaccare la testa di un austero e in apparenza irreprensibile sacerdote, un Angelo di nome ma anche di fatto. Chi lo ha convocato nottetempo in un tratto deserto e scomodo del litorale napoletano per ucciderlo in modo barbaro? Il prete però ha atteso il colpo mortale in ginocchio, quasi offrendosi alla ferita, considerandola come una espiazione dovuta. C’è dunque nel marcio, nell’esistenza in apparenza retta e conforme del religioso. Il lettore lo intuisce dall’apparire di un episodio dai lineamenti volutamente tenuti segreti e coperti, come una carta del mazzo che al momento non si vuole giocare. Si parla di due giovani studenti di un convitto che per evitare un compito di greco fanno ingerire al docente una pozione che credono solo destabilizzante a tempo, ma che invece si rivela mortale. Lo sappiamo bene, i nostri giallisti, ma anche i Cordier e Barnaby di nazioni a noi vicine non fanno eccezione, usano valersi di delitti avvenuti nel passato, pronti a rimbalzare inopinatamente nel presente. Quel maldestro, e inverosimile, e improbabile attentato dei due giovani ha provocato la morte di un genitore con conseguente dramma del figlioletto che è stato messo a crescere proprio in quel medesimo collegio in cui padre Angelo è diventato una figura sacra e inviolabile, ma evidentemente tormentato dal ricordo di quel lontano peccato, che deve condividere col compagno del crimine giovanile, anche lui ormai divenuto un austero e reputato signore anziano quasi sull’orlo della tomba. Col tempo il rampollo rimasto orfano, ignaro di quale sia stato il crudele destino del genitore, diviene il devoto allievo di padre Angelo. Ma poi, appresa la triste verità, decide di fare vendetta, tremenda vendetta, andando a consumarla in quel modo brutale che si è detto. Il nostro candidato all’angelismo e al paradiso ha da scontare in precedenza un doloroso purgatorio, come ogni lettore di buon senso non dovrebbe aver esitato a sospettare, senza bisogno che sia io a rompere le uova nel paniere, dove stanno frutti non particolarmente freschi e gustosi.
Maurizio De Giovanni, Il purgatorio dell’angelo, Einaudi stile libero, pp. 314, euro 19.

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