Attualità

Dom. 12-3-17

Matteo Renzi continua a essere sotto assedio, in un coro di inviti o di minacce a cambiare stile, a pentirsi degli errori commessi, a mutare vita e politica. Il bello è che questo coro unanime lo è pure nell’incapacità di riuscire a contrapporgli un qualche altro protagonista. Non si trova nessuna figura con quel tanto di spessore che dia affidamento e che possa consentire di puntare su di lui. Tra gli infiniti esempi di questa denigrazione o sfiducia ne voglio menzionare almeno due, in quanto provenienti da osservatori di indubbio valore e perspicacia. L’uno di questi ci giunge da Paolo Mieli, uno dei commentatori più equilibrati, come mi è capitato di riconoscergli più volte, e gli si dovrebbe anche essere grati per la capacità di confutare, nel salotto Gruber, gli assalti di Leghisti e Cinque stelle. Ma di recente, in un fondo del “Corriere”, ha esortato Renzi a farsi da parte, a prendere un lungo periodo di aspettativa, in attesa di essere richiamato in scena. Ma quando? E si può pretendere una simile rinuncia da parte di un leader ancora giovane e nel pieno delle sue forze? Forse che non abbiamo pessimi esempi di altri che si sono messi nella tenda d’Achille sperando in un richiamo in servizio, che non c’è stato? E’ il caso di Romano Prodi, incerto tra il tenersi fuori o il recitare il ruolo di padre nobile. Aggiungerei anche il caso di Pisapia, colpevole di ipocrisia, in quanto il suo “gran rifiuto” a ricandidarsi a sindaco nel Comune di Milano, gesto disastroso che ha aperto una falla nel renzismo, non corrispondeva affatto a un desiderio di andare in pensione. Era, diciamo le cose come stanno, il furbo proposito di smarcarsi appunto dal renzismo, nel cui nome avrebbe dovuto collocarsi una sua nuova candidatura a sindaco. Meglio ritrovare una piena liberà di manovra e sfidare il leader da una posizione esterna. Ma con quale possibile esito? Anche Pisapia è uno dei tanti produttori di modeste scissioni a sinistra destinate a riportare numeri “da prefisso telefonico”. Certo, Renzi è stato colpevole per aver nutrito il proposito di andare subito a una rivincita, provocando nuove elezioni politiche a breve termine, e per questo dimettendosi dalla carica di segtetario Pd, che gli avrebbe dato larga autonomia e controllo del partito fino al prossimo autunno. Il voler andare a primarei e assemblea a breve termine è stato senza dubbio la causa contingente, e la fornitura di un alibi, alla fuoriuscita dal Partito di Bersani e compagni, ma, come è stato detto quasi da tutti, quella pattuglia aveva già deciso di andarsene, e proprio per aver ben compreso di non avere la forza di disputare a Renzi la rinomina a segretario, anche se quel gruppo di oppositori avesse avuto più tempo a disposizione.
L’altra voce autorevole, ma ugualmente inutile, di avversità a Renzi è stata quella dell’ex-direttore di “Repubblica”, Ezio Mauro, su cui del resto pesa ancora un enigma: quali le motivazioni che hanno portato alla sua sostituzione? Forse un compromesso, per cui quel quotidiano si è attestato su una linea di minore ostilità all’ex-leader, lasciando però al direttore silurato una piena libertà nel continuare a svolgere il suo anti-renzismo? Il che è avvenuto di recente in una comparsa nel salotto Gruber, dove Mauro ha indicato come massima iattura per il nostro Paese il fatto che Renzi si sia voluto o fatto rinchiudere nel giglio magico del fiorentinismo. Motivazione fatua, risibile, o comunque non di grave momento, bilanciata del resto dalla solita circostanza che poi Mauro non ha saputo indicare soluzioni alternative a un ritorno in scena del leader fiorentino. C’è ora lo scandalo del padre, forse davvero in qualche misura colpevole di quanto gli si addebita, ma vale pur sempre il principio che le colpe dei padri non ricadono sui figli. E abbiamo già visto altri autodafé imbastiti su simili conflitti generazionali andare a disperdersi nel nulla. In definitiva, anche la ministra Boschi è stata assolta dal peccato di avere un padre senza dubbio in qualche misura coinvolto nei guai della Banca di cui è stato magna pars. E così, si può scommettere che anche le ombre su Renzi padre dilegueranno nel nulla. Comunque, venendo al sodo, vorrei sapere da Mieli e da Mauro, se non a Renzi, a chi ritengono che si possano affidare con qualche attendibilità le prossime sorti del nostro Paese.

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