L’Italia, si sa, è il Paese del Gattopardo. O in realtà, ancora peggio, dato che la celebre formula enunciata dal Principe di Salina era doppia, prevedeva che ci fosse qualche ostentato tentativo di innovazione, ma solo in superficie, volto a lasciare le cose come stanno. Noi abbiamo perso per strada la prima parte, la mossa fintamente innovativa, e ci atteniamo a uno schietto misoneismo: proibito innovare, bisogna rispettare le forme, i modi tradizionali di procedere. Mi ispira queste considerazioni l’ondata di quasi plebiscitaria protesta contro la mossa di Renzi, che viceversa sembra improntata a un normale, prevedibile, perfino ovvio buon senso. Ma come? Il nostro sistema bancario è stato sottoposto negli ultimi anni a tutte le possibili crisi, il suo riassestamento ha causato al contribuente miliardi di spesa, e vogliamo assolvere a priori uno dei possibili responsabili di tanto guaio, cioè il presidente della Banca d’Italia Visco? E questo senza neppure condurre quale indagine, ma solo per rispetto del bon ton, perché si usa fare così, solo quel guastafeste di Renzi si permette di volerci guardare dentro. Il bello è che tutti già da tempo avevamo chiaro che una eventuale rielezione di Visco sarebbe stata in ogni caso problematica e che non poteva andare da sé. E’ farisaico, ovvero un attaccarsi all’etichetta, al regolamento, il far osservare quanto sia irrituale che a intervenire sia una mozione parlamentare, come se il governo, cui secondo rito spetterebbe la conferma o meno dell’alta carica, fosse una variabile indipendente, estranea al parlamento, e questo a sua volta del tutto incomunicante con il partito che gode della maggioranza in uno almeno dei due rami, purtroppo sopravvissuti entrambi per il misoneismo con cui si è rifiutata la salutare riforma proposta dallo stesso Renzi. Fra l’altro, nessuno, mi pare, ha svolto una normale riflessione che il rinnovo di Visco toglierebbe una metà di efficacia alla commissione parlamentare di indagine appena nominata, quasi a conferma di quanto questa risponda a un rito inutile, come molti paventano. Evidentemente tra i compiti di Casini e compagni non c’è solo da indagare sulle malefatte dei banchieri, in combutta con le forze dei partiti, ma metà dei compiti deve rispondere all’interrogativio se il controllore, cioè appunto la Banca d’Italia, abbia svolto adeguatamente i suoi compiti. Il rinnovo di Visco toglie dal tavolo tutta questa parte del quesito. Sarebbe madornale se al termine dell’inquisitoria la commissione parlamentare dovesse constatare che ci sono stare davvero colpe o mancanze su quel versante, ma che fare, con un Visco ormai tranquillamente riconfermato per un lungo periodo?
Credo dunque che il Pd, attraverso il suo segretario, bene abbia fatto a porre in dubbio l’automatismo di una rinomina di Visco, mentre male ha fatto il suo collega spagnolo, leader del Psoe, a fare da sponda ai rigori post-franchisti di Rajoy. La scomunica degli organi della Catalogna inasprisce il conflitto, mentre si doveva aprire un tavolo di trattativa, magari per concludere al termine che alla provincia ribelle erano già stati accordati tutti i possibili margini di autonomia. Ma trattare si doveva. Ora che farà il governo di Madrid? Manderà la guardia civil ad arrestare i membri della Generalidad? E’ ovvio che la maggioranza dei catani non se ne resterà inerte e passiva al fioccare delle misure punitive. Invece che versare acqua sull’incendio vi si è dato esca. Che lo faccia una forza di destra e retriva, appare quasi inevitabile. Che però questo avvenga con un sostanziale appoggio del principale partito della sinistra, questo dispiace e aggrava il vulnus.