Attualità

Dom. 28-7-19 (Conte)

Merita condurre qualche riflessione sull’intervento, mi sembra al Senato e mercoledì scorso, del Presidente del Consiglio Conte, che si credeva padrone della situazione, sia redarguendo, ma in modi da lui ritenuti inoffensivi, il vice Salvini per il Russiagate, sia però dandogli subito per compenso il via libera alla TAV in Val di Susa. Ma i due comprimari, Salvini stesso e Di Maio, si sono affrettati a sconfessare la loro creatura, montata in superbia, gli hanno tolto spago, ammonendolo col classico “sutor ne ultra crepidam”. Col che nello stesso tempo hanno smentito l’eterno partito dei moderati, di quelli che già a suo tempo avevano fatto il tifo per Letta e urlato all’abominio quando Renzi gli aveva strappato dalle mani la campanella del comando. Poi avevano fatto il tifo per Gentiloni, anche in quel caso per antipatia verso Renzi, e ora erano pronti a inneggiare per l’equilibrio e il buon senso tattico di Conte, magari in coppia con l’altro personaggio vacuo e inconsistente che è il Presidente Mattarella. Ma il duo Salvini-Di Maio è corso subito ai ripari togliendo corda e fiato al tapino che sperava di mettersi in proprio, non solo, ma proprio in quel giorno si sono affrettati a segnare il polso della situazione intervenendo sui rispettivi face book per dire la loro. In questo però sono stati preceduti da Renzi, che a sua volta ha smentito il “buonismo” di tutti i moderati di sinistra che si vogliono convincere che Zingaretti serva a qualcosa. Io, da renziano non pentito, ho ammirato l’abilità con cui il Matteo al momento soccombente ha girato la questione Russiagate prospettandola in termini che potrebbero far male davvero al suo avversario. Ma purtroppo speravo che in lui, per squisita sensibilità politica, ci fosse pure un voltafaccia sulla questione del rapporto con il M5S. Invece, su questo fronte, Renzi, forse esacerbato dagli attacchi a suo tempo subiti da Di Maio, continua a insistere sulla illiceità di un possibile matrimonio. Su cui invece c’è stato qualche segnale di consenso, di Franceschini, di Sala, anche se quest’ultimo, come del resto tanti esponenti ufficiali del Pd, continua a porre una clausola insostenibile, che a un accordo con i Pentastellati forse si può andare ma solo dopo un confronto elettorale, Questo però sarebbe il patatrac che renderebbe inutile l’eventuale incontro, infatti il Pd uscirebbe con qualche punticino in più, mentre i Cinque Stelle si dissolverebbero come neve al sole. Dunque, è ora che si deve tentare questa carta, lavorando ai fianchi i parlamentari pentastellati, che si convincano a disfarsi di Di Maio e riacquistino una piena libertà di manovra. Purtroppo è sempre più chiaro che a una crisi di governo non ci porterà mai l’astuto Salvini, puntiamo allora a ottenerla giocando sull’altra parte del fronte. Se no, davvero la nostra situazione mi ricorda quella del film “Niagara”, quando una fragile imbarcazione era trascinata verso la cascata fatale e senza uscita. Anche noi andiamo a finire nel gorgo, se Salvini e Di Maio restano abbracciati.

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