Letteratura

Erri De Luca, un nuovo” Padri e figli”

Verso Erri De Luca il mio atteggiamento è stato doppio, da un iniziale disfavore, per la sua prima produzione, si è andato mutando in graduale adesione soprattutto per le opere più recenti. Ai suoi inizi, sullo scorcio del secolo scorso, De Luca mi risultava afflitto dalla sindrome che ho detto di Giamburrasca, l’autore del favoloso diario in cui però, all’inizio, non sapeva bene che cosa metterci dentro, tanto da andare a rubare pagine dai diari delle sorelle maggiori. Così pure il primo De Luca si atteneva alla tradizione del verismo meridionale, tanto che a commento di uno dei suoi primi romanzi, nell’atto di bocciarlo con un risoluto “pollice verso”, mi scappava il commento “No, la cavalleria rusticana no”, che mi sembra riapparire nella trama appunto di uno degli scritti di partenza- Ma poi De Luca ha preso fiducia nella sua stessa personalità, di bastian contrario, in fiera rivolta contro tutti i principi di autoritarismo parentale e patrio, da contestatore per natura, capace però di presentare questo suo spirito di protesta in panni suadenti. Così è nel recente “A grandezza naturale”, titolo a dire il vero alquanto incongruo e non giustificabile, ci starebbe meglio un “padri e figli”, se non fosse già occupato dal ben noto capolavoro di Turgeniev. Ma così è, in questa serie di brevi racconti domina proprio il rapporto tra Abramo e Isacco, con un tentativo dell’Autore di entrare nell’animo del povero figlio condotto al macello dall’inesorabile padre. Naturalmente la lontana vicenda biblica trova subito valide sponde nell’oggi. Con molta abilità De Luca risale a un altro rapporto parentale, del grande pittore Chagall che dialoga da lontano con un ritratto del padre da lui stesso eseguito, mettendo in piena evidenza i caratteri rusticani del genitore, perfino facendo avvertire i sentori, le puzze, provenienti da quel povero ebreo, che però il figlio in possesso di grandi doti non rinnega affatto. E così pure si comporta l’Autore nei confronti di un tesoro di memorie, rievocandole senza tradirle. Se si vuole, gli si può muovere il rimprovero di riempire lo smilzo volume alquantp a fatica, andando a raccogliere risorse un po’ ovunque. Ma sempre con buone presentazioni, e opportune ricostruzioni linguistiche. Si veda per esempio la notizia su come nasce il termine di “sampietrino”, per definire quei ciottoli che lastricano tante vie romane, da cui i rivoltosi del ’68, tra cui lo stesso De Luca, sottraevano dei proiettili naturali da scagliare contrp le forze dell’ordine. Dal rapporto al maschile padri-figli si passa molto ben a quello madri-figlie, come avviene nell’accorata testimonianza di una reclusa che dialoga con la madre venuta a trovarla. Ma direi che stanca alquanto la lunga storia di un’altra figlia, che rifiuta un genitore resosi colpevole di gravi reati antisemiti, ai tempi della dittatura hitleriana. Pur partecipando con ovvia adesione alla condanna di quegli orrori, non ne possiamo più, di storie e testimonianze risalenti a quei crimini. Per fortuna il piatto che ci fornisce De Luca è vario e fornito di tanti sapori gradevoli.
Erri De Luca, A grandezza naturale, Feltrinelli, pp. 123, euro 13.

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