Letteratura

Fusé, giuste “direzioni”, “attese” mantenute

Una lieta sorpresa mi è venuta dal romanzo di Adelio Fusé, “Le direzioni dell’attesa”, oltretutto uscito da una casa editrice, quale la Manni, a me molto cara, ma anche severa nelle sue regole, per cui non mi è consentito intervenire con una recensione favorevole a quest’opera proprio nelle colonne della rivista “l’Immaginazione”, tra i frutti più importanti di questa Casa, dove sarebbe apparsa come “pollice recto”. Nelle domeniche scorse, per riempire questa casella dedicata alla narrativa, avevo dovuto bordeggiare trattando i romanzi usciti come compiti obbligati da scrittrici in carriera, Donatella Di Pietrantonio e Silvia Avallone, che per rimanere sull’onda del successo conseguito si sentono obbligate a uscire con regolarità periodica, fornendo delle combinazioni più o meno ingegnose delle loro trame, purtroppo legate a sfondi della nostra provincia, quindi di basso profilo, senza saltar fuori da un inevitabile e sempre ritornante clima di neorealismo, assolutamente non gratificabile con un secondo grado di “neo”, di innovazione nell’inseguire la realtà più drammatica e contradditoria dei nostri giorni. Non so nulla di Fusé, né ho letto l’unico romanzo da lui pubblicato, ma noto con piacere che usciamo da questa routine di casa nostra per avventure più raffinate cui si dedica un protagonista, tale Walter, dotato di una buona carica intellettuale, e lo stesso si può dire a proposito della donna che gli è al fianco, Alina, entrambi impegnati in un continuo vagabondaggio, con mete che hanno il sapore delle cose vissute, sperimentate di persona, anche nelle loro contradizioni. Come è il caso di una Parigi che non vale solo per i fin troppo noti monumenti di superficie, ma si impone per un suo volto “nero”, sotterraneo, delle fogne. E avvincente, spericolata, con esiti tra il ripugnante e l’esilarante, è la frequentazione cui si dà questa coppia di alberghi di bassa estrazione, dotati di stanze non troppo confortevoli, gestiti da una squadra vivace di portieri di notte, di proprietari e tenutarie di assai basso profilo. Interessante anche l’impasto tra i riferimenti dotti, di alta cultura, di cui la coppia è capace, e una molto concreta pratica dei valori materiali della vita, il sesso e il cibo. Dalle stelle alle stalle, potrebbe essere un facile slogan da applicare al loro caso, Ma soprattutto vale il proverbiale incontrarsi e dirsi addio, infatti si tratta di un legame sempre sul punto di sciogliersi, salvo poi a ritrovarsi, per vie impensate e in luoghi mutati. Infatti il vagabondaggio è il dato più presente e incalzante, in tutta questa vicenda, intricata e labirintica, tanto che per seguirla ci si dovrebbe munire di un quaderno per registrarvi i vari spostamenti. Ss c’è un rimprovero da fare, questo riguarda il carattere un po’ ermetico del titolo, “Le direzioni dell’attesa”, anche se il plurale del primo vocabolo potrebbe risultare adeguato, infatti sono tante le direzioni del continuo pellegrinare di Walter, che ben presto lascia Parigi per varie località del Portogallo. A questo proposito c’è da notare quanto questa nazione risulti cara ai nostri narratori più sofisticati che intendano sottrarsi a un piccolo cabotaggio locale, si pensi ai casi di Antonio Tabucchi, e anche di Romana Petri. Ma la permanenza lusitana è appena una parentesi, forse perché, volendo ricordare l’altro termine che compare nel binomio del titolo, il protagonista è sempre in “attesa” di qualche rivelazione, e la va a cercare di lá dal mare, frequentando il Marocco, Casablanca, Tangeri, Marrakesh, portandosi sempre dietro ogni volta, come una lumaca, un preciso bagaglio di ricordi, e appare sempre pronto a sintonizzarsi sui valori, materiali e spirituali, delle località visitate. Forse, volendo tentare di ricavare una conclusione, è un’attesa che non termina, il che tuttavia funziona da fattore positivo, a vantaggio dell’inquietudine e della mobilità intellettuale del protagonista, il che forse spiega anche il plurale, delle “direzioni”, che non si stanca di sperimentare, ben attento a evadere da una routine chiusa nei ristretti orizzonti di un neorealimso di ritorno.
Adelio Fusé, Le direzioni dell’attesa, Manni, pp. 340, euro 20.

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