Letteratura

Ruffilli e Rondi: il dritto e il rovescio nella poesia

Ho ricevuto in questi giorni due libri di poesia, che come è noto corrisponde a un genere poco frequentato da me, ma non mi voglio sottrarre al dovere morale di dare un qualche segno di gratitudine verso chi si degna di mandarmi i suoi prodotti. Fra l’altro, sono così stimolato a riprendere le fila di un mio discorso generale, di cui alcuni paragrafi sono stati suscitati da occasioni diverse tra loro, da raccolte poetiche di Aldo Nove, di Roberto Pazzi, e perfino di un frequentatore insolito di questi lidi quale Alberto Moravia. Per un miscredente come me, si dà una condizione primaria perché un prodotto in poesia risulti accettabile, che cioè esso dimostri di aver accolto un detto celebre di Verlaine, “prends l’éloquence et tords lui le cou”, che io allargo in un più ampio “prendi la poesia, nelle sue manifestazioni più usuali, e strozzala, gioca in senso contrario, in controtendenza”. Ciò premesso, vengo a menzionare le due raccolte poetiche che provocano questo mio discorso. La prima è di Paolo Ruffilli, “Le cose del mondo”, lo ringrazio di essersi ricordato di un inesistente come me, e mi sento un po’ in colpa per il fatto di prenderlo come capro espiatorio. Ma sta di fatto che ogni sua lirica si può raddirizzare. Per carità, tutto in regola, buona eredità da un certo crepuscolarismo, da un ermetismo sempre persistente presso di noi, perfino da una certa “linea lombarda”. Ma sta di fatto che una sopravvivente eloquenza non viene certo strozzata, anzi, promossa, in un fare sentenzioso, attraverso massime, detti pieni di saggezza, giuste osservazioni, sensazioni abbastanza normali. Del resto Ruffilli è in buona compagnia, suppongo che meriterebbe il plauso di un campione assoluto di questo perbenismo poetico quale Maurizio Cucchi, che proprio sul “Robinson” di stamane, tanto per consolarci dei guai provocati dal corona virus, ci offre un florilegio, fatto tutto di prove assennate, ragionevoli, corrette, tra cui un frutto alla Ruffilli ci starebbe bene. L’altro prodotto che mi è arrivato viene da un autore fecondo e inesauribile quale Mario Rondi, e già il titolo appare molto indicativo, simile a un “giallo” che riveli perfino in copertina il segreto. il colpevole. Infatti la raccolta si chiama “Un mondo di stramberie”, una nozione, quella dello strambo, lo si ammetterà, assolutamente estranea all’universo di Ruffilli e compagni, che invece tentano di far rientrare la loro dizione sapiente nella norma, nello scorrimento più accettabile, senza scosse e senza traumi. In definitiva, da incorreggibile sostenitore del fronte sperimentale e innovativo, devo perfino ammettere che di questi tempi è divenuto difficile applicare la spada della separazione a livello di narrativa, mentre è più agevole farlo proprio in campo poetico. Dopotutto, come per la narrativa resto affezionato a chi frequentava gli appuntamenti reggiani di Ricercare, per l’ambito poetico il tratto discriminante sta nel mio saggetto, temo ormai introvabile, dell’81, dedicato alle ricerche intraverbali (“Viaggio al termine della parola”). E Rondi c’era, e non ha tradito quella appartenenza, anzi ne dà conferma, come in questo caso, dove ogni lirica è “tagliata”, come si fa per mescolare le carte. Un andamento fluido e sensato, alla maniera di Ruffilli, viene invariabilmente bloccato, ostacolato da un qualche inserto in apparenza immotivato. Insomma, siamo pur sempre alla vecchia pratica del “cadavere squisito”, che è un po’ la legge dell’universo poetico a cui mi attengo, come un fisico potrebbe farsi sostenitore dell’antimateria. Del resto, a chi temesse che il “cadavere squisito” fosse una pratica ormai degna di entrare nel museo, ne potrei ricordare una più recente, messa in atto da un brillante sostenitore della mia categoria di riferimento, Corrado Costa, autore di un audiotape in cui aggredisce gli ascoltatori_ “zuccconi, questo è il retro, il retro”. Naturalmente, per tutti gli aderenti a questo club, c’è sempre e soltanto il retro, il raddrizzamento è quanto si deve evitare.
Paolo Ruffilli, Le cose del mondo, Mondadori, pp. 198, euro 20. Mario Rondi, Un mondo di stramberie, Genesi Editore, pp. 161, euro 15.

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