Attualità

Sartelli e l’incanto della materia

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

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   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

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Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

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   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

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Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

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   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

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Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

Germano Sartellilli, l’incanto della materia. Imola, Museo di San Domenico, a cura di C. Spadoni fino al 13 luglio 2025.

Un museo per Sartelli

   Apprendo al solito da Artribune che Imola sta per inaugurare un museo per Germano Sartelli, al S. Domenico, che non è da confondere col più sussiegoso omonimo di Faenza. Non ricordo se un uguale onore sia stato tributato anche a Andrea Raccagni. Tra i due è esistita una intensa rivalità, alimentata senza dubbio dal fatto di essere entrambi esponenti di una modesta località di provincia. Ognuno dei due aveva una propria tifoseria, io sono sempre stato dalla parte di Raccagni, assieme a Momi Arcangeli, mentre l’altro è stato sostenuto da Andrea Emiliani e dalla Gallria Foscherari di Bologna. Sartelli è più uniforme, in uno stile di specie informale, e in definitiva quasi arcangeliana, tanto da essere presentato, in questa mostra di esordio, da Claudio Spadoni, in definitiva abbastanza in linea con lo stile arcangeliano e con i suoi Ultimi Naturalisti, invece Raccagni era più estroverso e variabile, qualche volta tuffandosi anche lui nell’informale più acceso, ma altre volte recuperando cenni di razionalismo e soprattutto di apertura cosmologica al creato. La sua ultima moglie è stata traditrice, assieme ai due figlastri, perché invece di tentare di creare subito un museo per Raccagni ha venduto a un collezionista di poco pregio l’intera prduzione, rendendo difficile il reperimento di opere in numero sufficiente per dedicargli un museo, il che resta uno dei molti crucci della mia carriera, mentre Sartelli,  quasi coetaneo nelle date (1925-2014) resta ben abbarbicato alla Foscherari, dove dispiega appunto il suo discoro alquanto monotono, di un infirmale sfrangiato, cespuglioso, stratificato nello spazio.

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