Arte

Ai soci dell’AICA italiana

Dobbiamo tutti molto a Gabriele Romeo che è riuscito far rinascere la sezione italiana di AICA. Io in particolare gli devo di aver caldeggiato la mia nomina a presidente onorario della sezione nostrana. Cercherò di partecipare di persona alla prossima riunione, a cui siamo invitati di far affluire le nostre proposte. Io difenderò il ruolo del critico militante, che beninteso può recuperare nel suo seno anche il ruolo del curatore, ma senza distinzioni formali, in quanto si è critico militante solo se nella propria carriera si sono organizzate mostre, in pubblico o in privato, E dunque la figura del critico si identifica con quella del curatore di proprie iniziative, anche se a dire il vero al momento scarseggiano le mostre locali, sono quasi sparite, forse costano troppo, mentre pullulano i premi letterari, non c’è romanzetto che non riporti la sua palma, piccola o grande che sia. Insisterei anche sulla differenza nel ruolo della rete, senza dubbio di grande utilità a livello informativo, ma non in ambito creativo. Ho sempre creduto nell’oscillazione pendolare delle situazioni, ebbene ora per fortuna ci stiamo allontanando da una fase “concettuale”, mentre riemergono i valori della pittura, seppure nelle nuove modalità del wall painting e della street art  e in forme molto aperte, eredi anche di antichi patrimoni legati alla decorazione. In questo senso l’attuale Biennale di Venezia diretta dalla Alemani offre un buon esempio, non nel tema centrale, ma nel molto di buono che si vede nelle sale laterali della sede centrale e soprattutto alle Corderie. Invece, proprio per un eccesso di intenti ideologici, mi pare avere fatto flop la Documenta, vittima anche della sua difficile periodicità, mentre la misura del biennio risulta perfetta. E dunque, cari critici, a noi la parola, collaboriamo con gli artisti per seguire le vie di una nuova creatività, nel nome della fortunata formula del glocalismo    RB

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