Letteratura

Almodovar, un parallelismo ben condotto

Pur colmio passo incerto, non ho mancato di andare a vedere l’ultimo filmPur c di Pedro Almodovar, Madri parallele, e non me ne sono certo pentito. E’ vero che vi è una premessa alquanto inutile o scontata, un omaggio al tema inesauribile dei crimini compiuti dai falangisti in una delle guerre civili più orribili dell’altro secolo, su cui però si sono già espressi grandi scrittori, come Hemigway e Malraux. Almodovar rischiava di giungere tardi a un appuntamento già pienamente onorato. Però è anche vero che da quella premessa, viene fuori un motivo di fondo. La protagonista principale del film. Janis, interpretata da una magnifica Penelope Cruz, vuole riaprire una fossa per riportare alla luce i parenti massacrati dai falangisti e dare loro onorata sepoltura. E’ un tema, che potrebbe sfiorare la retorica, ma invece inserisce un valido motivo di trama, dato che quel desiderio della protagonista la porta a incontrare Arturo, uno specialista di scavi archeologi e di riapertura di tombe, Dal che nasce una passione tra i due, e il concepimento di una figlia. Quando Janis è nella sala parto, immersa nei dolori della gestazione, su un letto accanto geme pure Ana, una brava Milena Smit. I due casi costituiscono appunto il parallelismo invocato dal titolo. Secondo la prassi oggi dominante, subito dopo i parti, che sono di due femmine. le neonate vengono tolte dal seno delle madri e messe in un regime di maggiore protezione. Ma si sa pure che quel prelievo forzato è pure la causa, non di rado, di un fatale scambio di identità. Il che succede anche questa volta, caso appunto non infrequente, già sfruttato tante volte a livello di narrazione. L’allarme è dato quando il padre della figlia di Penelope-Janis, venuto a conoscere la creatura, la rinnega, dichiarando con forza che quella bamìbina, in effetti provvista di lineamenti asiatici, non può essere sua figlia. Ira, reazione selvaggia di Janis, che però è pure pesa dal dubbio, e che procede, con destrezza nella ricerca dei dati, a una analisi su un campione del DNA della presunta figlia. Da qui l’amaro verdetto, ha ragione il presunto genitore, non è sua figlia, per la stessa ragione che non lo è neppure di lei. Da qui il sospetto che appunto sia avvenuto lo scambio in culla tra le due creature, il che contribuisce ulteriormente ad avvicinare Janis a Ana. Dopo qualche tempo di distacco, quando le due si ritrovano e rinnovano la vecchia amicizia, Ana deve dichiarare che la sua bambina è morta nel sonno. C’è però la consapevolezza in Janis che a essere morta è in realtà la sua propria figlia, del resto una foto del giovane scapestrato, da cui Ana è stata violentata e messa incinta, mostra proprio quei lineamenti asiatici che avevano indotto con giusta ragione Arturo a ricusare la paternità di cui all’inizio Penelope-Janis si sentiva sicura. Almodovar tratteggia con infinita sottigliezza il dramma delle due madri, con relativa alternanza di fiducia in quell’unica bambina sopravvissuta, o di angoscia nel saperne la destinazione abusiva. Questa commedia degli equivoci, condotta da Almodovar con mano delicata ma ferma nello stesso tempo, colma di tocchi psicologici azzeccati, si chiude nel segno del buonismo, alla fine Janis confesserà all’amica ritrovata lo scambio avvenuto, riconsegnandole la creatura che le appartiene. Quanto a lei, si potrà consolare, e a questo punto trova piena giustificazione la premessa, erroneamente apparsa un po’ fuori luogo e inutilmente ingombrante, perché infine i morti verranno riportati alla luce ottenendo degna sepoltura, e Janis e Arturo potranno riallacciare la loro relazione, una volta uscita di scena quella creatura indebita a loro non appartenente. Ed è anche la fine del parallelismo, ora di madri ne resta una sola, a meno che Janis e Arturo non riescano a far nscere una loro creatura.

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