Letteratura

Carofiglio, una tela di Penelope non troppo industriosa

Ebbene sì, confesso che sono anch’io un consumatore di gialli, mi precipito a leggerli con l’ansia di giungere allo scioglimento, salvo poi a provare un certo disgusto di essere caduto nella trappola, e quasi sentendomi colpevole come di chi ha ceduto a un vizio inconfessabile. E’ la reazione provata leggendo l’ultimo prodotto di Gianrico Carofiglio, “La disciplina di Penelope”, annunciato dall’autore stesso in una puntata di otto e mezzo, di Lilli Gruber, a mio avviso pessima conduttrice, ma pronta a fare pubblicità ai vari ospiti, ognuno dei quali non manca di sventolare un suo libro appena uscito. Carofiglio non è certo uno dei peggiori, con la sua asciuttezza, tanto fisica quanto piscologica, e una apparenza di probità sia nel suo passato di magistrato sia nel presente di confezionatore di gialli, a gara con tutta la genia di colleghi. Del resto, almeno già due volte mi ero misurato, in questa sede o altrove, su alcune sue opere, con giudizio contrastante, negativo per “Il silenzio dell’onda”, in cui l’autore viene meno proprio alla sua in genere pregevole asciuttezza. Invece nel caso dell’”Estate fredda” avevo potuto metterlo a confronto, e preferirlo, a uno dei frutti gonfi e retorici dell’officina di Saviano, oculato sfruttatore del prestigio acquisito sul tavolo dei fervorini sociali. Venendo a quest’ultima impresa di Carofiglio, devo smontare la cornice auto-elogiativa con cui l’ha presentata proprio a otto e mezzo, vantandosi della novità, per lui, di introdurre una detective donna, compiacendosi della pretesa virtù che gli sarebbe riconosciuta di saper aderire alla psicologia femminile. In proposito gli devo versare addosso una doccia fredda. Nossignore, le gialliste dell’altro sesso, se penso per esempio a Grazia Verasani e a Mariolina Venezia, con le loro rispettive eroine, portano a casa frutti migliori. Carofiglio entra nei panni rosa senza particolari titoli di merito, con una storia in cui peraltro scatta un buon meccanismo tipico dei gialli, il dettaglio minimo che sembra marginale, ma che invece fa scattare il famoso clic risolutivo. In questo caso sono i peli di un cane dal manto bianco che l’assassino lascia cadere sul cadavere della sua vittima. Mentre per il resto scatta l’abusato espediente dell’omosessualità, ormai divenuto merce corrente. Insomma, un prodotto di ordinaria amministrazione, da congedare dopo una frettolosa lettura.
Gianrico Carofiglio, La disciplina di Penelope, Mondadori, pp. 185, euro 16,50.

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