Attualità

Come usare i droni

Questa volta, invece che metter dentro nuovi sproloqui, preferisco fare qualche aggiunta a bilanci già emessi. Per esempio, quanto alla pagella che ho avuto il coraggio di assegnare perfino a Papa Francesco, devo ammettere che un punto a suo favore è stato l’energico intervento con cui ha condannato il genocidio commesso dallo Stato turco ai danni della popolazione armena. Un atto che in qualche misura ha significato un risarcimento rispetto alle remore e prudenze con cui un suo predecessore, Pio XII, forse il papa peggiore di tutto il scolo scorso, aveva evitato di condannare il nazismo e soprattutto l’olocausto, nel timore di provocare guai alla causa del cattolicesimo sotto Hitler. La Chiesa non deve avere di queste prudenze, costi quel che costi. Le può avere invece uno Stato secolare, come sarebbe la nostra Repubblica, cui non spetta trarre bilanci storici e morali, e che comunque opera nel presente, per cui una qualche cautela da parte nostra sul medesimo argomento si può anche giustificare.
Però, nello stesso tempo, devo manifestare qualche dubbio sulle inutili accuse che sempre Papa Francesco ha emesso contro l’ignavia dei cattolici perché nulla farebbero per cercare di frenare le persecuzioni cui i loro confratelli sono sottoposti nei vari Paesi nei quali trionfa la religione maomettana, ma in quanto praticata da sconsiderati fanatici. Più inutile ancora appare il fervorino che dalle colonne di un quotidiano laico come il “Corriere” viene lanciato da uno spirito che dovrebbe essere “liberal” come Ernesto Galli della Loggia. Che cosa mai dovrebbero fare i nostri Paesi occidentali in difesa del cristianesimo nel mondo? Mandare delle truppe nei Paesi in cui questo risulta perseguitato? L’unica soluzione, al momento, pare consistere nel responsabilizzare proprio quei Paesi ad adottare le opportune misure preventive, minacciandoli altrimenti di prendere nei loro confronti severe censure e punizioni di ordine economico.
Nello stesso senso, risultano pure alquanto retorici i vari fervorini a fare qualcosa subito per fermare l’invasione del boat people che lascia le coste dell’Africa per tentare di sbarcare sulle nostre. Che fare, anche in questo caso? Suona quasi inconsapevolmente ironico il titolo di un fondo di Franco Venturini apparso sul “Corriere” del 14 aprile, “Poco tempo per evitare il peggio”, quando questo “poco tempo” consisterebbe nel seguire vie certo corrette ma che chiederebbero almeno un decennio per essere espletate. Si tratterebbe infatti di unificare la Libia sotto un governo unico e centrale al di sopra delle varie tribù, il compito cui tenta di provvedere con affanno il delegato dell’ONU, per poi dialogare con questo potere unico e convincerlo a intervenire sui pirati della costa. Campa cavallo. Vorrei che qualcuno più ferrato di me si esprimesse sull’ipotesi che mi sembra essere l’unica ragionevole: cercare di impedire che queste sciagurate carrette del mare lascino le acque territoriali della Libia. Non dovrebbe essere difficile conoscere, attraverso abili operazioni di intelligence, quali siano i luoghi di imbarco e di partenza di queste disastrose “zattere del Medusa”, piazzare sulla loro rotta qualche nostra vedetta che le induca a invertire la rotta e a riportare il loro dolente carico alla riva di partenza. In quest’opera di avvistamento potrebbero concorrere anche i droni, cui certo non si chiede, in questo caso, di condurre operazioni militari, ma di puro e semplice avvistamento. Naturalmente le nostre navi incaricate di questa missione di deterrenza dovrebbero rimanere a controllare che i diabolici scafisti non se la cavino buttando in mare i loro trasportati, dovrebbero cioè assumere la responsabilità della loro tutela, a costo di entrare anche nelle acque libiche per salvarli, se gettati in mare. Il tutto insomma si dovrebbe svolgere offrendo ampie garanzie di tutela delle vite umane. Ma certo, non si può continuare a reggere il peso delle ondate successive di migliaia di profughi, e purtroppo i tempi di un loro contenimento sul suolo africano appaiono ancora lunghi e incerti.

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