L’argomento del giorno non può non essere l’eventuale epidemia di Corona. Metto di proposito il termine minimizzante di “eventuale”, dato che fin qui il fenomeno è stato di limitatissima diffusione. Trovo infelice il fatto che un competente, Fabrizio Pregliasco, convocato venerdì scorso nel salotto della Gruber, abbia osato far balenare lo spettro della Spagnola, con i suoi milioni di vittime. Al momento siamo in presenza, fuori dalla Cina, di un numero ridottissimo di casi, e comunque tutti con matrice da chi sia provenuto da quel Paese, e siccome lo si lascia solo per via aerea, piuttosto che sbarrare scuole, negozi, eccetera ci sarebbe da fare una ricerca oculata di chi negli ultimi mesi sia venuto di là, e condurre solo su di lui i debiti accertamenti. Del resto, nella Cina stessa l’epidemia è stata ben lungi dal diffondersi a macchia d’olio. Considerato che nei primi tempi di incubazione il regime aveva tentato di tacere, condannando al silenzio un primo medico che aveva lanciato l’allarme, risulta che il tutto resta concentrato nell’infermi di Huhan e spazi limitrofi, dove peraltro impazza con numeri non altissimi, Che sono mai un migliaio di morti in una comunità di ben dieci milioni di abitanti? In che misura eccedono rispetto ai dati statistici di una normale mortalità? Ma che cosa è avvenuto in quella sede per provocare un disastro così concentrato, che sembra oltretutto aver preso l’avvio in un luogo ben preciso, il locale mercato del pesce? Che cosa hanno mangiato i bravi abitanti della città dannata? Hanno bevuto sangue di pipistrelli, o di serpenti, che sarebbero stati i colpevoli del passaggio dagli animali agli esseri umani? Insomma, credo che indagini ravvicinate e condotte a tappeto in un’area così ben delimitata dovrebbero dare risultati apprezzabili. Se addirittura non si debba ricorrere alla spiegazione di una fuoriuscita di virus tenuti in vita, dai tempi della SARS, non certo per concepire una improbabile guerra batteriologica, ma anche solo per un giusto impulso scientifico di trovare gli opportuni vaccini. Una fuga di un virus alimentato a forti dosaggi spiegherebbe l’incrudelire dell’infezione in un territorio così ristretto. In conclusione, si adottino pure provvedimenti di salvaguardia, ma “con juicio”, per dirla con Manzoni, grande cantore di un’epidemia virale con cui quella attuale per fortuna ha ben pochi tratti in comune. E sempre sfruttando l’esempio manzoniano, stiamo ben attenti a creare una categoria di untori, guardandoci soprattutto dal colpevolizzare le colonie cinesi tranquillamente residenti e attive presso di noi da lungo tempo.