Letteratura

Fellini-visconti

Pare incredibile che Francesco Piccolo, tanto occupato a scrivere i suoi racconti e romanzi, partito da divertenti quesiti su come affrontare certe situazioni marginali, poi salito a forti tematiche sul ruolo dei maschi nella nostra società, abbia trovato il tempo di immergersi in una cronaca, o meglio, storia di fatti riguardanti il cinema del nostro dopoguerra. Vero è però che ora Piccolo si sente sempre più coinvolto come sceneggiatore in questioni cinematografiche. Sta di fatto che nella sua Bella confusione entra in scena col piglio di una perfetta documentazione, da fare invidia a quella dimostrata da Scurati nella sua trilogia su Mussolini, Anche se l’argomento è di minore importanza, in sostanza è una storia degli attriti che per decenni hanno diviso, opposto l’uno all’altro due dei nostri maggiori registi cinematografici, Fellini e Visconti. Il che però consente anche a me d entrare in campo e di esprimere qualche opinione, su film che ho visto al momento buono, mentre ovviamente gli alti fatti della cronistoria di Scurati non mi hanno avuto come testimone diretto. Dunque, quanto alla contesa tra i due famosi registi, mi pare di capire che Piccolo in sostanza propende per Fellini, come è anche nel mio caso. Io addirittura ho aborrito la partenza di Visconti, come maestro del nostro neorealismo. Per esempio, non ho amato per nulla La terra trema, con l’assurda pretesa di far parlare ai pescatori un dialetto pressoché incomprensibile, col che Visconti ha fatto un passo indietro rispetto allo stesso Verga, che aveva trovato una soluzione geniale, col suo discorso indiretto libero che gli permetteva di mediare tra la sua buona conoscenza della nostra lingua e un’assunzione di modalità dialettali dei suoi protagonisti, Visconti invece aveva voluto essere troppo ligio a un verismo sul regime del tale e quale. E così’ pure quando ci aveva dato la storia di pugili usciti da un basso proletariato (Rocco e i suoi fratelli). Ma poi era rientrato nel suo con i due filmi di impronta storica, il capolavoro di Senso, anche per effetto della interpretazione magistrale di Alida Valli, e quindi ancora col Gattopardo, e i relativi problemi, anche di carattere ideologico, ricostruiti molto bene da Piccolo. Ma le mie preferenze andavano alle prime prove di Fellini, Lo sceicco bianco, I Vitelloni, anche per l’emergere, nel suo caso, di un attore eccezionale come Alberto Sordi. Il mio culto di Fellini, però, non era totale, per esempio non ho amato per nulla La strada, come anche in seguito la vena fantastica, clownesca di altri film del genio romagnolo. Ho detestato, sempre in quel film, la recitazione di Giulietta Masina, d’accordo con chi, menzionato da Piccolo, ha avuto il coraggio di dire che la Masina era una specie di Macario al femminile. Dentro di me ero giunto perfino a stabilire un piccolo teorema, che i film in cui Fellini faceva recitare la consorte erano destinati al fallimento, come è per esempio nel caso di Giulietta degli spiriti, ma devo ammettere che lei si è riscossa molto bene quando ha interpretato Ginger, in copia col sempre felice e appropriato Mastroianni. E’ curioso che Piccolo, pur nella sua perfetta ricostruzione di quella fetta di storia, non menzioni per nulla La dolce vita, il capolavoro indiscutibile e risolutivo di Fellini. Forse ne ritiene il caso troppo noto per dovergli dedicare un po’ di attenzione. Il suo interesse va tutto a Otto e mezzo, nel quale caso c’è una inversione, io non ho amato quel film, mi ricordo che. chiamato in cattedra da Anceschi al mio rientro da una borsa di studio trascorsa a Parigi, ho espresso nei confronti di quella pellicola molte riserve, ora la dovrei rivedere per confermare o meno le mie perplessità. Che invece non hanno certo riguardato i capolavori pieni del genio felliniano come Amarcord e Roma. Ma a dire il vero il nostro storiografo si è concentrato quasi per intero allo scontro Fellini-Visconti, illustrandone le varie fasi, fino ai terminali tentativi di riconciliazione, e in questo ha fornito senza dubbio un grosso, imperdibile contributo alla storia del nostro cinema.

Francesco Piccolo, La bella confusione, Einaudi, pp. 272, euro 20.

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