Arte

Grandezza incontrastata di Bacon

Il mio solito mentore Artribune annuncia una mostra di Francis Bacon a Londra, Royal Academy. Certo non mi sarà possibile andare a visitarla per ragioni economiche e soprattutto fisiche, ma questo non mi può esimere dal proclamare che l’artista inglese è il maggior pittore internazionale del secondo Novecento, l’ho detto fin dalle sue prime apparizione, come testimonia un mio fervente saggio nel primo dei due volumi di Informale oggetto comportamento, quando peraltro Bacon sembrava muoversi nel solco della fotografia, già interessato però ad andare a cogliere momenti di acme, quando il suo soggetto lancia un urlo, o comunque è preso da una forte passione o emozione, per lo più di terrore. In seguito lui si è preoccupato soprattutto di apprestare una sede adatta per questo suo teatro anatomico di nuovo conio, e già qui sta un forte distacco da altri pretesi realisti che una certa opinione pubblica conformista gli vorrebbe accostare o addirittura contrapporre. Penso al caso clamoroso di Lucien Freud, valido come campione per misurare le enormi differenze tra i due. Freud ambienta le sue figure su sfondi, interni, vedute ambientali definiti con ogni cura, che in fondo fanno tutt’uno col personaggio posto in campo. Bacon invece nel corso degli anni ha posto le sue scene in ambienti che per la loro nettezza e pulizia vogliono contrastare nel modo più assoluto agli orrori che sono chiamati ad ospitare. E dunque, si tratta di stanze quasi d’ufficio, con le pareti tinte con colori irreprensibili, anche nel loro manifesto cattivo gusto, che sfida le tinte ugualmente fredde e artificiali di un Peter Halley o di un John Armleder. Ma questi artisti si fermano a un livello rigorosamente aniconico, contenti dell’omaggio che rendono a una scala cromatica di voluto pessimo gusto, di sfida aperta a tutti i valori convenzionali dell’armonizzare le tinte. Tanta assolutezza cromatica, nel caso di Bacon, è solo una premessa, per ospitare gli svolgimenti crudeli che egli impone al corpo umano, obbligandolo a discendere la scala della creazione, a ritrovare uno stato primordiale di embrione, di insaccato solo ai primi passo di un processo di gestazione. Ma intanto, anche in uno stato così provvisorio, dalle bocche di questi copri affetti da ogni possibile deformazione e anomalia, continua a sgorgare quell’urlo di furore che magari agli inizi l’artista manifestava in modi più analitici e aneddotici. Ora ha disceso a passo di corsa i gradini dello sviluppo genetico, e questi mozziconi di corpi si mettono in bella mostra, o meglio, evidenziano i loro orrori ponendosi in bilico su trespoli o altro mobilio precario, come fossero belve costrette da un implacabile domatore a salire su qualche palco, per porre in piena evidenza le loro deformazioni, che del resto sono il seguito di violenti processi degenerativi, di rapide discese nel codice genetico, tanto per evidenziare tutti gli aspetti deficitari di cui può essere gravata la nostra povera condizione umana. Che del resto qui, come dice il titolo stesso della mostra, Man and Beast, viene fusa con qualche presenza animale, ma nel nome di un’unica e solidale discesa lungo la scala degli orrori e della degenerazione. Pare di intravedere la mole di un toro, che fa sistema unico con le misere membra umane, in una tauromachia attenta però a evitare gli aspetti compiaciuti e aneddotici che in genere si accompagnano a esibizioni di questo tipo, si pensi per esempio ai divertiti e troppo abili esercizi di Picasso rivolti in questo senso. Qui invece pare che all’artista non basti cimentarsi nella sola regressione dell’essere umano, ma la voglia fondere con un simile processo che si abbatte anche sulla “bestia”, in un’unica solidarietà, ma tutta protesa verso il basso, quasi un pretesto per raddoppiare il contenuto provocatorio di questi carnai, offerti a noi spettatori che assistiamo allibiti, muti testimoni di come può scendere in basso la nostra comune esistenza, ma attrattati dal morboso fascino che è connesso a ogni scena di orrore, di degradazione, di comune avvolgimento nella barbarie e turpitudine del vivere.
Francis Bacon, Man and Beast, Londra, Royal Academy, fino al 17 aprile.

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