Arte

Halley si dà alla decorazione

Sabato 14 ottobre scorso sono andato ad Artverona a presentare il mio libro Protagonisti su invito di Hélène de Franchis, titolare dello Studio La Città con cui ho sempre avuto buoni rapporti, ben accolto da una sua collaboratrice, Rossella, che mi ha assicurato anche un servizio di carrello nello stile di Papa Francesco, Devo dire che, oltre ai guai di deambulazione, ne ho pure di vista, in attesa di operazioni di cateratte, quindi ho visto i vari stand della Fiera come nell’ombra, del resto correvamo in fretta ai vari appuntamenti dell’occasione, Però non potevo certo non vedere all’ingresso, l’ampio tappeto elaborato da Peter Halley, che avevo conosciuto alla famosa mostra dell’89 tenuta da Ileana Sonnabend nella sua Galleria, allora a Soho come quasi tutte le altre, prima del trasferimento a Chelsea. Là ho visto per la prima volta opere di Koons, non esitando a scorgere in lui l’alfiere di una nuova situazione che appunto nel saggio sopra ricordato ho riportato allo schema trinitario di Hegel, tesi-antitesi e sintesi finale, Dentro quello schema, e sempre riferendomi alla mostra Sonnabend, oltre a Koons ci stavano anche Haim Steinbach, Wim Delvoye e appunto Halley, come perfetto rappresentante, allora, della New Geo, che per un verso si rifaceva alla Optical Art degli anni ’60, ma usando i tipici colori di “cattivo gusto” del postmoderno, quali si trovavano pure nei supermarket o negli studi dei professionisti, e c’era pure in punteggiato lo schema di un computer. Allora ebbi un rapporto diretto con Halley, che aveva il suo studio in Trìbeca, ovvero nel Triangle beyond Canal, e per fortuna mia e di mia moglie Sandra si compiaceva di sfoderare un bel francese a noi più familiare dell’inglese. Però in seguito mi era sembrato insistere in quella formula in modo un po’ statico, tanto che non gli avevo dedicato un dossier nel volume citato, e lo stesso era avvenuto anche nei confronti di Steinbach, Ma poi lui stesso si è stancato di quella regolarità, e mi pare essersi avvicinato a un sicuro protagonista dell’attuale situazione quale il giapponese Murakami, cioè ha abbandonato la New Geo per abbracciare un intenso decorativismo, con ricca tavolozza, colori estenuati, estesi a ricoprire una grande porzione di pavimento. Col che Halley si è riportato nel cuore della mischia, ma troppo tardi per entrare nel mio consuntivo dei valori di più stretta attualità. Nell’occasione non ho mancato di rendere un devoto omaggio allo scomparso Massimo Simonetti, ideatore di Artverona, che mi aveva invitato più volte a portarvi una rassegna del videoart yearbook che continuiamo a elaborare ogni anno nel bolognese Dipartimento delle artl.

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