Arte

Pomodoro dal grande al piccolo

La settimana scorsa dedicavo un omaggio a Michelangelo Pistoletto, con riferimento anche a Arnaldo Pomodoro, in quanto entrambi capaci di porre delle sculture monumentali in bella evidenza. Ora proprio una mostra di Pomodoro mi consente di tornare sul tema, ma facendo un mucchio di distinzioni. Pistoletto è artista “concettuale”, in lui cioè l’invenzione prevale sull’esecuzione, questa può variare in tanti modi, al servizio dell’idea di base. Pomodoro invece è artista-artigiano, quasi alla vecchia maniera, capace cioè di elaborare in grande, con l’aiuto di una squadra di tecnici collaboratori, e così riesce a collocare le sue gigantesche ruote dentate alle soglie di edifici pubblici. Ma sa anche produrre in piccolo, come richiede la committenza, di minuti oggetti, ninnoli, gioielli, soprammobili. Ora con questo suo secondo aspetto si presenta, a cura della sua Fondazione   e della Ditta Fendi, in uno spazio dell’EUR, E appunto sa rimpicciolire quanto altrove presenta in formato gigante. Ma la formula resta la stessa. Per essa io ho scomodato, da quando mi occupo di lui, un riferimento d’alto bordo, addirittura al Sarte del suo capolavoro, L’etre et le Néant. Nell’equazione valida nel caso del nostro scultore, l’essere è quel tanto di materia da cui egli parte, ma poi la aggredisce, la intacca, quasi con le unghie, o invece con strumenti raffinati, per scavarla, per renderla docile ai fini da raggiungere. Come in questo caso, dove l’artista ci offre una specie di antologia delle sue varie modalità, coni, sfere, altre figure solide, ma inesorabilmente corrose, incise, segnate da quel nulla in cui consiste l’intervento umano, capace di stabilire un dialogo con la materia, così come un domatore rende docile un animale feroce o lo piega alla sua volontà.

Arnaldo Pomodoro, il grande teatro delle civiltà, 12 maggio- 1 ottobre.

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