Letteratura

Un consiglio per Benni: proceda “con juicio”

Le mie invettive contro la “Felsina narratrix”, nei suoi esponenti più acclamati, non si rivolgono certo a Stefano Benni, che resta ben alto nella mia stima. Ma anche lui si deve guardare da un esercizio delle sue virtù eccessivamente ripetitivo, e soprattutto deve evitare di allargarlo troppo, di ritenere che tutto gli sia consentito. Mi consiglia a formulare un simile invito, a procedere “con juicio”, l’appena uscito “Prendiluna”, anche se, per coerenza con me stesso, mi devo compiacere del fatto che egli abbia rimesso addosso la maschera carnevalesca con cui ha ottenuto i suoi successi. Se l’era tolta, in qualche misura, accedendo a un cauto “ Amarcord”, nel semi-autobiografico “Di tutte le ricchezze”, che mi aveva fatto temere il compiersi in lui di una svolta irreversibile. Invece ora merita, con questa ennesima prova, un “bentornato”, con indosso la solita maschera, purchè faccia attenzione, come dicevo sopra, agli allargamenti eccessivi. Già il titolo del nuovo libro è un po’ rischioso, intitolato com’è a Prendiluna, un nome che implica un connotato magico, favolistico. Ma per fortuna Prendiluna, in sostanza, è una vecchia coi piedi per terra. Certo, le è piovuta addosso una missione salvifica, ma affidata alla banalità e prosaicità di andare a regalare a personaggi di buona e salda umanità alcuni mici, per la precisione Diecimici, che la vecchia trasporta con sé in un misero sacco, da cui le bestiole lasciano emanare puzze, afrori, che sono anche loro del tutto terrestri. Accanto a lei, ci sono altri due eroi, Dolcino e Michele, dai profili anch’essi terra-terra, sono individui non proprio normali per salute psichica, tanto che devono evadere dalla casa di cura in cui sono racchiusi, e scatta una caccia nei loro confronti. E’ evidente che Benni si ispira a certi miti dei nostri giorni, affidati soprattutto al cinema. I due sono molto vicini ai Blue Brothers, anch’essi pronti a mescolare il sacro col profano, mossi da un lontano intento benefico e umanitario, ma proprio nel suo nome pronti a commettere tutte le possibili infrazioni e colpi bassi. Oppure si può anche intravedere qualche eco della Compagnia dell’Anello di Tolkien, con la consegna dei gatti, incaricati di salvare il mondo, in sostituzione del sacro compito di precipitare l’anello fatale nel vulcano redentore. Ma che Benni, nella sue scorpacciate insaziabili, vada a rubare anche motivi da “romance”, beninteso all’altezza della nostra attuale sensibilità, non è indebito e criticabile. Lo può diventare se decide di insistere un po’ troppo in questa direzione, come succede in tutta la parte del libro in cui viene tratteggiato un regno del male, Maxonia, affidato a una setta di criminali in guanti bianchi, sotto mentite sembianze professorali, detti gli Annibaliani. O in altre parole, quando Benni insegue da vicino certi miti dei nostri giorni, si lascia un po’ prendere dal gioco, non lo riscatta andando a pizzicare al momento buono la corda del basso. Questa invece ritrova i suoi effetti esilaranti quando fa i conti da vicino con i difetti e limiti e rituali della nostra comune umanità, che oggi si risolve in una moltitudine di persone poste tutte in contemplazione dei rispettivi telefonini, equiparati a pozzanghere, perfetta contaminazione tra l’alto e il il basso. E poi ci sono le deliziose osservazioni riguardanti i diversi modi di consumare la pizza, con la divisione dell’umanità secondo tipologie precise, di chi mangia solo il centro del prodotto e chi invece preferisce l’orlo esterno, e c’è poi chi osserva con sospetto il vicino di tavolo temendo di vederlo servito in anticipo. Un nome arcano, presumibile parola d’ordine di un intrigo spionistico, 4P, si risolve in null’altro che nella sigla di un Poderoso Panino al Pecorino Piccante. Anche i gatti hanno diritto alla parola, e tra loro il più eloquente è quello chiamato Prufrock, sopravvissuto a una sequenza interminabile di ben nove catastrofi, tra cui l’investimento da parte di un camion, l’avvelenamenti da cocktail di cocaina e veleno per topi, un’abbuffata con ben sei chili di baccalà, un combattimento acquatico con una nutria, e così via. Ma forse il fulcro dell’intera narrazione è una visita dei comuni avventori al Centro Commerciale Butterman, che è il vero tempio dei nostri giorni, il luogo che custodisce segreti, amori, passioni, ben più che i vani fantasmi insediati in Maxonia e coltivati dal bieco schieramento degli Annibaliani. Finché il gatto Prufrock riesce a conservare un qualche residuo delle sue nove vite, ci possiamo salvare da ogni sciagura immanente, e anche Benni riesce a reggere la sua navigazione mantenendola in una rotta accettabile, senza sforare troppo.
Stefano Benni, Prendiluna, Feltrinelli, pp.212, euro 16,50.

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