Attualità

Ben tornato De Kooning

De Kooning

Le Gallerie di Venezia dedicano un ricordo a Willem de Kooning. L’artista, 1904-1997, immigrato come tanti altri negli Usa, aveva bisogno di un ricordo, pur avendo dato forse l’immagine più canonica dell’Espressionismo, non necessariamente accompagnato dall’appellativo di astratto, con una figura assolutamente aggressiva, digrignante con una chiostra di denti davvero pronti a mordere, prova estrema di specie espressionista, superiore anche a quella che poi ne avrebbero dato i Nuovi Selvaggi Tedeschi, con Baselitz in prima linea, cui non è restato che capovolgere a teta in giù le sue prove di selvaggeria per tentare di battere quello scomodo precursore. Ma poi De Kooning aveva abbandonato quell’aggressività estrema distendendosi in  una gamma cromatica sicuramente intensa, che però lo faceva arretrare rispetto ad altri compagni di avventura, per esempio ad  Arshile Gorky che sapeva mantenere un ben dosato equilibrio tra scatenamento cromatico e residui di una traccia di figuratività. Quanto al numero uno di quella intera situazione, a Pollock, anche se a fasi alterne non disdegnava neppure lui di recuperare qualche accenno di figurazione, lo distingueva lo sfrenato imperversare del dropping.  Altri apparivano in una veste decisamente astratta, che li rendeva più accetti a fasi successive avviate verso quella svolta analitica che qui in Italia trovava il difensore accanito in Filiberto Menna, penso a Rothlko, a Kline, fino agli astratti in senso totale, in cui sarebbe ben difficile trovare residui di espressionismo, quali Newman  e Reinhardt.  De Kooning invece continuava col suo espressionismo, diciamo così, morbido, edulcorato, attenuato, che però rischiava  di non emergere più  in quel fronte aggressivo e trasmutante. Ora godiamo questa pacifica armonia cromatica, anche se un po’ sfatta e forse troppo sfumata.

Willem De Kooning e l’Italia. Venezia, GAM, a cura di G.Garrels e di M. Codognato, fino al  15 settembre

Standard