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Benassi, proficua aria torcana

Benassi

Ricevo un romanzo di uno a me sconosciuto Giuseppe Benassi, di cui però sono ben lieto di parlare. Intanto, una volta tanto, si tratta proprio, come dice il titolo, di Una favolosa eredità, ben commentata dalla frase di una testimone e attrice involontaria del dramma, Luisa Curina, che è solo la donna di servizio dell’ultima proprietaria di un ben di Dio in terre,m titoli bancari, e soprattutto quadri d’autrore. La Curin agita un refrain, “qui ci scappa il morto”, ben conoscendo l’appetito famelico di cui sono in possesso i tre figli della agiata proprietaria di tutto quel patrimonio.  Diciamo subito che quello che piace, nel romanzo, è l’aria toscana che vi si avverte, come di un erede di Federico Tozzi, o andando ancor più indietro nel tempo si arriva addirittura a Renato Fucini, A Neri Tanfucio, come era il suo pseudonimo.  Accano alla Curina, giganteggia il maggiore dei  tre fratelli, Ardengo Malanima, che è un concentrato di ogni possibile malefatta, omosessuale impenitente, dilapidatore della patria eredità, sempre dissestato nei conti e costretto a rivolgersi a strozzini, proprio insomma una Malanima, come suona appropriatamente il cognome  di famiglia, mentre più parentetico è il ruolo dei suoi fratelli minori, anche perché non concedono al vizio nella sua stessa misura. Accanto a questo mostro di natura ci sta la calma olimpica  dell’avvocato Borrani, a cui a turno gli eredi di quella fortuna si affidano per farsi tutelare dalle minacce sia del fisco sia della questura che li sospetta di aver fatto fuori la genitrice per appropriarsi più in fretta della “favolosa eredità”. Direi che è un vantaggio nella vicenda che a parlarci, e in un certo senso a condurre le indagini, ci sia il pacato ed equilibrato Borrani piuttosto che un detective degno dei gialli che ci assediano. Forse un errore dell’autore è stato quello di gettare nell’asse ereditario perfino una testina in marmo del giovane Michelangelo, non si saprà mai fino alla fine se si tratta di una copia o dell’originale, tanto ghiotto da aver stuzzicato perfino l’avidità di Goering che lo aveva sottratto e trasferito  in Germania.  La vicenda  è tanto intricata che io non saprei qui snocciolarne la soluzione, Chi ha ucciso entrambi i malcapitati, un ladro desideroso di procurarsi il Michelangelo, o addirittura un lontano parente della proprietaria che entra in scena quasi al termine della narrazione? Insomma, davvero un bel garbuglio, un nodo inestricabile, il che contribuisce a dare fascino all’intera vicenda.
Giuseppe Benassi, Una favolosa eredità, Extempora, pp. 323, euro 16.

 

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