Letteratura

Bregola, piacevole invito a andare in camporella

Davide Bregola ha posto la sua ultima fatica sotto il nome della “camporella”, che a mio avviso è un perfetto equivalente di quanto, nelle varie lingue viene detto pot pourri,o olla porrida, o whirwhar, cioè insomma una specie di insalata russa tra temi soliti, alcuni dei quali in effetti già svolti, come, se non sbaglio, l’impresa di quegli amici mattacchioni che scavano alla ricerca di un tesoro archeologico, l’albero di un veliero antico, ma tirano fuori solo un palo del telefono. Qui di nuovo mi pare che ci sia una specie di omaggio al poeta Young e  alla sua elegia dei morti in un cimitero di campagna, che qui sarebbero le ragazze dai destini miseri e precari che il narratore passa in triste rassegne. Di suo, ci mette una cosa orrida, la visita a un laboratorio dove si effettuano crudeli esperimenti su conigli e altre cavie, ottenendo degli ibridi mostruosi. Ma Bregola, come mi è avvenuto di dire, per me è sempre l’esempio perfetto del “tecnovillano”, ingegnosa sintesi tra i valori della terra, della campagna, e i nuovi modi di coltivarle con l’aiuto di ritrovati tecnici. Il che poi trova la sua sublimazione quando sul finire di questa sua “camporella” il narratore evoca un viaggio da Sermide, nella Bassa, fino all’autostrada, con tutto quello che capita di mezzo, tra vecchi e poveri rituali dell’epopea contadina e invece i nuovi aggeggi che facilitano i lavori, dando luogo a un enorme ossimoro, a una ibridazione mostruosa, di cui Bregola sa cogliere bene i frutti.

Davide Bregola, Nei luoghi ideali per la camporella, Avagliano Editore, pp. 143, euro  16.

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