Attualità

Dom. 12-7-20 (Gabanelli)

Sono come tanti un ammiratore di Milena Gabanelli, che oltretutto, a sua detta, è stata in passato una mia allieva al bolognese corso DAMS, tuttavia talvolta mi sembra che ecceda nel complicare oltre il giusto i casi affrontati. Questo è successo lunedì scorso 6 luglio, in una delle ultime puntate del “Data room”, ospitato dal telegiornale di Mentana, in cui appunto ha complicato le cose parlando di diversi ceppi del virus, diversamente dalla tesi che ce ne sarebbe stato uno solo partito da Wuhan, e questi virus più pericolosi sarebbero giunti tra di noi già all’inizio dell’anno o prima ancora, provenienti dalla Germania. Io sarò una mente limitata, ma sono affezionato a certe evidenze, come il fatto che il coronavirus ha avuto il suo luogo d’origine in Wuhan, data la travolgente irruenza con cui vi si è manifestato, propagandosi da lì attraverso voli aerei e altri mezzi di trasporto, prima del lockdown praticato dalle autorità cinesi. Aggiungo che ritengo molto verosimile che una tale monogenesi si spieghi come una fuoriuscita del morbo da laboratori di Wuhan in cui si coltivavano i virus del precedente Sars, non certo allo scopo di una guerra batteriologica, ma solo per ragioni sperimentali. Noi avevamo preso subito dei provvedimenti, facendo un ricorso sistematico al termo scanner, ma in modo stupidamente indiscriminato, applicandolo ad ogni arrivo, di treno o di aereo, da qualsivoglia località. Poi invece abbiamo fatto ricorso ai tamponi nei confronti di nostri connazionali provenienti dalla località cinese, organizzando addirittura dei voli riservati a loro. Questa era la via giusta, ma il buon senso, di cui io tento di dare prova in queste mie inutili riflessioni, avrebbe voluto che controllassimo appunto i voli provenienti con scalo, per esempio, a Francoforte, principale hub europeo, o da altri terminal equivalenti. Dalla Germania, per riprendere le tesi Gabanelli, non è arrivato un germe sconosciuto, ma solo viaggiatori cinesi che non sono atterrati direttamente a Fiumicino o alla Malpensa. Solo se si ammette questa nostra stupida imprevidenza, da mettere in conto agli errori dei virologi, si riesce a comprendere perché noi siamo stati il primo Paese europeo devastato dall’invasione del contagio. Non ci sono ragioni, geografiche, ambientali, antropologiche, per spiegare quell’invasione, se non attribuendola a nostri errori di condotta. Non dimentichiamo che eravamo apparsi come un Paese deplorabile, da onorare con luminarie, ma anche sotto sotto col nascosto pensiero che da mandolinari come noi non c’era da aspettarsi altro. E in effetti almeno nei primi tempi siamo stati noi a infettare i Paesi vicini, che non per nulla ci vietavano l’accesso. Forse, a parziale ammenda di questa nostra iniziale cecità, si potrebbe dire che quell’invasione così devastante è stata provvidenziale perché ci ha portato a prendere certi provvedimenti di contenimento prima degli altri Stati, così da diventare un modello di efficienza. Ma certo, se poi il virus si è diffuso negli altri Paesi europei, con buona pace della Gabanelli ciò non è dipeso dalla Germania, e non c’è stato nessun ceppo più violento. Ora speriamo che sia una fake news quella del morbo che potrebbe provenire dal Kazakistan. Quanto poi alla pretesa del nostro premier Conte di prolungare lo stato di emergenza per tutto l’anno, pare proprio che sia un tentativo per rafforzare la sua leadership, per metterla al riparo da attacchi altrui. Confermo la mia fiducia nella validità del termo scanner per bloccare i portatori di uno stato febbrile denunciante un grado di positività. Ora sì che si può applicare questo strumento quasi a scala universale, rendendo possibili i contatti. E non ascoltiamo i virologi, troppo interessati, al pari di Conte, a prolungare oltre il giusto lo stato di emergenza.

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