Attualità

Dom. 7-4-19 (CGIL)

Confesso che mi trovo a ripetermi, forse valida ragione di più per far cessare questi miei inutili vagiti. Mi voglio riferire all’incontro tra il nuovo segretario del Pd e il nuovo responsabile della CGIL, che senza dubbio era giusto fare, ma è anche evidente che non sono stati affrontati temi decisivi, tanto è vero che il Pd ha ripreso a calare nei sondaggi, a svantaggio del concorrente immediato, i Pentastellati. Mi è capitato di osservare che la grande occasione mancata dei nostri sindacati di sinistra è stata di non fare una politica di respiro europeo, cercando di stringere un patto di solidarietà con i sindacati di uguale colore, almeno finché al governo di importanti Paesi c’erano partiti socialdemocratici, come la Germania, la Spagna, e in fondo anche la Francia di Macron. Uno di questi temi su cui urgeva raggiungere un’intesa sovra-nazionale stava nell’età del pensionamento. Per carità, è giusto che un sindacato di sinistra sia favorevole a concedere ai lavoratori un pensionamento quanto più possibile “basso”, al limite si potrebbero pure abbracciare concezioni di socialismo utopistico, di quelle che profetizzano la fine del lavoro, da affidare ai robot, con la classe operaia che va in paradiso dandosi a incrementare a dismisura il tempo libero. Ma si sa che più si abbassa l’età dell’andare in pensione, più aumentano i costi, con rischio di dissestare l’economia dei vari Paesi. E dunque, perché non fissare un limite comune, che evidentemente sarebbe più facile sostenere, senza concedere a disinvolti tentativi di abbassarlo a puri scopi elettorali, come stanno facendo concordi i giallo-verdi? E sempre per rivangare tra i mei passati appunti, perché un partito europeo dei sindacati non è intervenuto nel fissare paletti doganali per le imprese che vanno a produrre all’estero, in Paesi dove la mano d’opera costa assai meno che da noi? Solo fissando una quota di compenso, per prodotti fabbricati a costi agevolati del lavoro, è possibile proteggere le possibilità di occupazione per la nostra classe operaia. Infine, che cosa hanno fatto i nostri sindacati, CGIL in testa, per tutelare il lavoro degli immigrati, per proteggerli dal caporalato, dallo sfruttamento indecoroso della mano d’opera a prezzi di schiavismo? E se non sbaglio non c’è stato alcun impegno a fare un impiego razionale degli immigrati, trovando per loro utili occasioni di occupazione, in quelle attività che la nostra classe operaia rifiuta? Sarebbe quello il primo passo verso una possibile integrazione. Questi gli aspetti per cui i sindacati di sinistra dovrebbero battersi, il che forse consentirebbe anche un miglioramento nei sondaggi relativi al Pd, loro inevitabile compagno di destini.

Standard