Letteratura

Francesco Maino, una prova eccessiva

Avevo recensito con favore Cartongesso con cui Francesco Maino aveva vinto nel 2013 il Premio Calvino, e anzi, se non ricordo male, quello era stato il mio ultimo scritto apparso su Tuttolibri, prima che ne fossi allontanato in un modo che “ancor mi offende”. Ora mi apprestavo a gratificare di un medesimo elogio la sua prova recente, I morticani, magari accostandola a un esercizio linguistico virtuoso come quello compiuto da Brugnoli nel suo Giardino San Leonardo, ma sono stato trattenuto dall’eccesso di elaborazione con cui Maino snocciola ogni suo vocabolo mettendolo all’incrocio sia di un dialettalismo non  diverso da quello di Brugnoli, sia di una ridda di riferimenti alla realtà, alla cronaca, ai fatti più vari della scena quotidiana, e pare che non sia assente neppure una grigliia di riferimenti a miti classici. Insomma, mentre quella di Brugnoli è un’operazione che mi è piaciuta per la sua schiettezza e genuinità, in questa prova recente di Maino trovo un eccesso di sofisticazione, come se avesse voluto rifare i  joyciani Finnegans Wake in un clima di attualità. E’ curioso che il libro sia apparso presso un  editore che  innalza come gonfalone il nome di Svevo, ma  l’autore triestino non  avrebbe apprezzato tante complicazioni, lui che si compiaceva di una prosa scorrevole, favorevole agli ammiccamenti discreti dell’ironia. Certo legato da grande amicizia a Joyce, ma non  sappiamo come avrebbe reagito di fronte al grado estremo di complicazione cui l’amico irlandese si dava proprio con i Finnegns Wake. Ma Svevo se ne era già andato, credo che però  avrebbe ammonito il suo giovane amico a non addentrarsi in una via così accidentata. Così come temo che non approverebbe l’estremo tormento linguistico quale appare in un  autore che pure, come casa editrice, sembra volersi porre sotto la sua protezione.

Francesco Maino, I morticani, Svevo editore, pp. 282, euro 20.

Standard