Arte

Rubens campione del barocco

In passato ho rimproverato più volte all’allora direttrice della Galleria Borghese di voler infilare in uno spazio, già pieno come un uovo di capolavori, altri capolavori di artisti alla moda e non particolarmente legati alla collezione Borghese, provocando una indubbia difficoltà da parte dei visitatori di distinguere tra, diciamo così, i residenti abituali e gli altri conficcati a forza. Meglio sarebbe stato fare quelle mostre in un diverso spazio. Un rimprovero del genere non si può certo fare all’attuale direttrice, Francesca Cappelletti, dato che Rubens è tra i grandi ospiti della Galleria, che dunque può mettere in evidenza i capolavori dell’artista fiammingo di cui dispone, anche se per l’occasione ha riunito una cinquantina di dipinti da altri musei di alto bordo. Giusto anche condurre un raffronto con la scultura di Gian Lorenzo Bernini, che di Rubens è stato la controparte per la scultura, anche lui ben presente alla Borghese. Non mi pronuncio invece sul titolo dato alla mostra, Il tocco di Pigmalione, fatto per condirla di un’attrattuva di cui forse non c’era bisogno. Rubens, si sa, è il  numero uno del barocco nella sua accezione più piena. Si suole parlare di un horror vacui delle arti barbariche, nel caso del  nostro ci starebbe bene la formula di un horror vacui di specie barocca. Se andiamo a vedere alcuni dei capolavori custoditi in quella sede nobile, vediamo che in essi non c’è mai un protagonismo unico, ma i corpi, fossero quelli di Cristo o di San Sebastiano, non possono cadere al suolo, in quanto subito tamponati da altri corpi che ostruiscono lo spazio all’intorno e contribuiscono a sorreggerli con il gonfiore delle loro carni, come otri espansi entro cui si sia pompata aria per renderli più soffici. E’ vero che Rubens è stato anche valido ritrattista, ma il suo meglio, proprio come vuole la lezione del barocco, sta in corpi tumultuosi, con intrico di membra dove si mette perfino un po’ di tempo a districare quei viluppi per scoprine le varie appartenenze. Ma insomma su quella ribalta perfino troppo piena non si può  cadere a terra, la pienezza dei corpi fornisce un  sostegno reciproco ad ogni presenza e, quale ne sia il tema, mira a costituire il gruppo, forte, evidente, ben nutrito di anatomie, ben sostenuto da una colorazione che si sa rendere penetrante, diffusa, come un gas che si sparge nell’aria col compito di riempire eventuali residui di vuoto, ma è ben difficile trovarne in tanta volumetria   compiaciuta di sé.

Rubens, Il tocco di Pigmalione, a cura di F. Cappelletti e di L. Simiona

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