Letteratura

Il fascino del Camilleri dialettale

I lettori di Camilleri si dividono in due categorie,        quelli che non resistono al fascino di “Montalbano sono”, e alla bravura di Luca Zingaretti, con l’aiuto di Boccia e degli altri di una squadra ben lubrificata, e quelli che invece preferiscono quando l’autore siciliano si libera della grave soma del giallo, qualche volta sopra o sotto le righe, e invece procede a forza di invenzione autonoma. Io propendo per questa seconda categoria, che segna il massimo quando Camilleri oltretutto si vale dal principio alla fine del dialetto  della sua terra, in cui raggiunge la grandezza di un Porta o di un Belli. Siamo tutti ben lieti che la televisione abbia finalemente unificato gli Italiani in una lingua unica, ma nello stesso tempo ci sentiamo in rivolta contro la sua stereotipia e il suo anonimato. Dichiaro quindi  di aver letto con pieno consenso i racconti dell’ultima uscita postuma dell’autore, La guerra privata di Samuele. Naturalmente, accanto al fascino del dialetto, c’è pure la trama di questi racconti, che ho scorso in periodo natalizio, dopo aver rivisto il capolavoro di Visconti, Il Gattopardo, con la recitazione maiuscola di Burt Lancaster. Ebbene, c’è una continuità tra le dichiarazioni che Tomasi mette in bocca al suo personaggio, e quanto emerge dai racconti di Camilleri, forse con la sola differenza che nella pur comune difesa dei valori atavici della loro terra, nel discorso del Gattopardo c’è accettazione rassegnata, invece Camilleri non manca di manifestare la sua anima sinistrorsa di disapprovazione, ma tanto, non c’è nulla da fare, la Sicilia è destinata nei secoli ad apparire terra di imbrogli, di opportunisti, dai ceti bassi a quelli altolocati, di persone dedite ai doppi, ai triplici giochi, come appunto risulta da queste novelle. Mi limito a citarne due, ma sarebbero tute ugualmente degne di menzione,  Ne La targaè il  caso di un popolano che ha indossato tutte le vesti, di fascista profittatore dei privilegi derivanti dalla fede in Mussolini, poi invece partigiano, resistente, pronubo dei valori della sinistra. Al suo decesso, i concittadini decidono di dedicargli una targa, ma poi vengono scoprendo i suoi trascorsi multicolori e pertanto sono costretti a correggere di volta in volta le parole di celebrazione, fino a rinunciare affatto alla menzione d’onore. Questo in fondo il destino di una Regione, ma forse di un intero Paese, dove si finge di cambiare a ogni passo, purché nulla di fatto cambi veramente,  Straordinaria La tripla vita di Michele Sparacino, vittima di una omonimia, per cui una sua incarnazione viene confusa con un’esistenza precedente. E’ personaggio che ne fa di ogni colore, soprattutto quando viene richiamato alla Grande Guerra, dove diserta, e rischia la fucilazione, cavandosela per il rotto della cuffia, ma infine di lui resta solo una misera spoglia, che per i giochi del destino viene scelta a rappresentare il Milite Ignoto, quindi viene scortato con ogni onore fino al Vittoriale, e là celebrato dal Presidente di turno con tanto di corona d’alloro. Devo ammettere che se questi racconti si presentassero “in chiaro”, ovvero esposti con una lingua corretta, forse perderebbero molto del loro fascino, proprio come quelle conchiglie che un altro protagonista, Tredicino, si affanna a pescare. Il suono che viene da questi racconti funziona proprio come i sommessi rumori che vengono alle nostre orecchie da qualche conchiglia, magari usata come soprammobile.

 

Andrea Camilleri, la guerra privata di Samuele, Sellerio, pp. 265, euro 15.

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