Letteratura

La portalettere, ritorno a Cassola?

Mi sono procurato La portalettere di Francesca Giannone, credo al suo primo romanzo, con alle spalle una varia attività in parte svolta proprio nella mia città, Bologna. Ma la vicenda è ambientata a Sud, nel Salento, e viene anche retrocessa agli anni immeditatamente prima e alquanto dopo la seconda Guerra. Un simile arretramento cronologico contribuisce a fare di questo romanzo una curiosa reviviscenza fuori tempo di Cassola, sembra quasi di rileggere le pagine della Ragazza di Bube o di storie simili che proprio negli anni postbellici ci forniva quel narratore, anche se all’ambiente toscano qui ne viene sostituito uno del Mezzogiorno. A dire il vero, la protagonista Anna, viene dal Nord e si porta dietro ostentatamente pretese di uno stato avanzato, sia sul piano politico che su quello culturale, con dichiarazioni di letture ad alto livello, fino ai romanzi delle sorelle Bronte o della Austen. Di conseguenza Anna ci sta alquanto a sproposito, in questo “piccolo mondo antico”, cui però cerca di rassegnarsi, pur con qualche velleità di rinnovamento, fino a stupire e ad essere vista con diffidenza dagli abitanti del luogo, stazionari, incalliti nelle loto pigre abitudini, Devo dire che anche noi lettori non siamo molto convinti di queste velleità innovative della protagonista, che del resto sono del tutto commisurate alle abitudini del luogo. Anna le sfida in modo non clamoroso proponendosi, come dice il titolo, quale postina, un tipo di lavoro che in quell’universo dominato dal pregiudizio sembra del tutto sconveniente a una donna, come lo sarà anche in seguiito il suo militare per la causa delle donne, patrocinando che a loro venga conferito il diritto di votare alle elezioni, sancito nel dopoguerra. In realtà, Anna viene riassorbita dall’ambiente circostante, con un marito, Carlo, pronto a fare i propri interessi, anche in fatto sessuale, sfornando un figlio illegittimo procreato con una cognata. Questo sarà uno dei pochi filoni di trama a scuotere quell’universo pigro, sonnolento, schiavo di ogni genere di abitudini. Infatti quel figlio illegittimo, riconosciuto dal padre solo in articulo mortis, si innamora di una cugina, figlia dell’amato fratello di Carlo, Antonio, L’amore tra i due sfiorerebbe quindi l’incesto, anche se a me non pare, anche secondo il diritto canonico. Questo basta però per fare di Lorenza, la cugina involontaria, una figura tormentata, inquieta, rassegnata a stento a un matrimonio di convenienza. Siano insomma a vicende di piccolo cabotaggio, quali si possono ben immaginare in quell’orizzonte soffocante e di ristretto cabotaggio. Forse l’evento principale, che l’autrice si tiene in serbo per un colpo di grancassa finale, è l’ambiguo rapporto di amore-odio che fin dall’inizio ha legato tra loro l’intrepida Anna, fedele al suo Carlo nonostante i tradimenti che le ha inflitto, e il cognato Lorenzo. Uno schiaffo di ripulsa tra lei e il timido amante rimasto nell’ombra fino alla fine segna l’atto conclusivo di quelle trame modeste e nascoste. Ma c’è da chiedersi se sia una ripulsa o un’accettazione, di sicuro quell’atto significa che Anna resta sempre una “straniera” venuta dal Nord, protestataria come quella sua decisione di darsi a un mestiere così inviso e controcorrente come quello della Portalettere.

Francesca Giannone, La portalettere, Nord, pp. 414, euro

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