Letteratura

Manzini, far parlare davvero le ossa

Leggo che questa settimana, in testa alla graduatoria dei testi narrativi di autore italiano, compare Antonio Manzini con Le ossa parlano. E la cosa è senza dubbio un vantaggio, rispetto al vacuo e inconsistente prodotto di Volo che invece dominava le graduatorie della settimana scorsa. Non voglio eccedere in lodi, Rocco Schiavone appartiene del tutto alla famiglia dei Montalbano e simili, di cui ci offre varianti non particolarmente significative, ma nell’insieme compare una serie di dati apprezzabili, a cominciare proprio dal ritrovamento di quel misero scheletro di adolescente strangolato qualche anno fa e sepolto in una fossa scavata nel terreno. Ingegnoso è il ricorso a un botanico, che può dare una data al delitto, e al conseguente interramento della vittima, risalendo al tempo che ci hanno messo i vegetali a ricrescere attorno al cadavere. E apprezzabile comunque è la nota vegetale che caratterizza il crimine, per la comparsa di un’orchidea sepolta assieme al morto. Da qui parte l’indagine di Schiavone, che beninteso pensa subito a un caso di pedofilia, e dunque comincia ricercare in archivio i casi di noti pedofili emersi negli anni passati. Nel condurre queste indagini Schiavone può contare su una squadra di collaboratori che in tutto e per tutto, forse su un gradino più basso, possono ricordare la squadra dei Bastardi di Pizzofalcone. Naturalmente c’è il solito superiore insopportabile che fa di tutto per intralciare le indagini del vice-questore (come puntigliosamente l’eroe di queste imprese fa notare agli interlocutori, che pretenderebbero di degradarlo al suolo di semplice ispettore). E c’è un passato, con vittime, tra cui una moglie, e amori di passaggio o più sostanziosi. Ma Schiavone si riscatta non certo a livello di vicende umane, di amori, tradimenti, passi falsi, bensì di animali, per il suo amore viscerale per una cagna di cui assiste con infinito amore al parto, anche se di soli tre cuccioli, prontamente assegnati a compagni di ventura. E interessanti sono anche le varie maniere secondo cui questo poliziotto d’assalto soddisfa i suoi appetiti, in modi dozzinali, attingendo a uno smunto frigorifero, o accontentandosi di pasti arrangiati in mille modi. Frattanto si sciorina la schiera dei sospetti, tra cui uno si è dato addirittura la morte, e i miasmi pestiferi che emergono dal suo abituro sono, al solito, una di quelle pennellate efficaci che l’autore e il suo eroe riescono a cogliere di passaggio. Poi, beninteso, come vuole un giallo che si rispetti, c’è una serie di rimbalzi da un sospettato all’altro, infine la roulette, non dirò certo in quale casella va a fermarsi, ma mi limiterò a dire che viene rispettata la norma secondo cui conviene sempre cercare vicino, come oggi avviene nei vari femminicidi. Del resto, chi poteva godere del privilegio e del senso di sicurezza da indurre un ragazzino a seguirlo sulla via della perdizione? Insomma, così si dipana questa vicenda, con punti bassi per tanti aspetti stereotipati già incontrati in tante trame similari, e invece con qualche picco in su, capace davvero di suscitare il nostro interesse,
Antonio Manzini, Le ossa parlano, Sellerio, pp.397, euro 15.

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