Arte

Viel, un felice ritorno alle origini

Cesare Viel mi invita a occuparmi della sua mostra milanese Condividere frasi in un campo allargato. alla Galleria Milano, cosa che faccio ben volentieri sfruttando il materiale che lui stesso mi ha mandato. Viel è un caso interessante che rubricherei all’insegna di una formula hegeliana, anche se non amo affatto quel solenne filosofo caro invece a tanti. Ma mi va molto bene la formula della sintesi, che applico volentieri al caso di Cesare. Prima c’è stata la “tesi”, cioè il rifiuto della pittura e di tutti i suoi allettamenti, provocato dal severo clima del ’68 e dintorni, caratterizzato per esempio dal ricorso alle scritture, proprio per sostituire le rifiutate espressioni pittoriche, ed ecco così apparire i vari Kosuth, Weiner, Barry, che però praticavano le loro sentenze linguistiche in clima di assoluta austerità, in bianco e nero, o con la luce fredda dei neon. Poi c’è stata l’antitesi, cioè la reazione che ha portato a civettare col passato, attuando anche un cauto ritorno al colore e al pittoricismo. Tra i due estremi è venuta fuori appunto una sintesi di sapore hegeliano, di cui ottima dimostrazione è stato proprio il nostro Cesare, con i suoi foglietti recanti qualche scritta in stampatello, comunque manuale, ma su fondi colorati, e poi anche questi foglietti erano disposti in un artistico disordine, come se una mano li avesse fatti cadere liberamente, cosa che certo doveva innervosire i troppo corretti concettuali della specie di Kosuth. Mi pare di capire che anche in questa sua attuale esposizione ci sono le frasi, chieste in prestito ad altri e quindi testimonianze di una qualche privacy, forse schierate, nella galleria, in formazioni più ordinate del solito. Ma il tutto è accompagnato da disegni, ,in cui in punta di penna o di matita egli disegna come delle scogliere, ma registrate in un universo alieno, in un mondo di sogni, o in qualche astro raggiunto da un’avventurosa esplorazione spaziale. Quei massi, leggeri, fatti di spuma, di sostanza lunare, si incastrano gli uni negli altri, e ne viene uno spettacolo di nuova pittura, o di nuovo disegno, quasi l’alba di un giorno inedito, o proprio un magico portato della sintesi che già invocavo nei casi precedenti. Credo che sia davvero l’ora di questa nuova pittura, di cui perfino io, nei miei esercizi compiuti con un ritardo di mezzo secolo, in definitiva sono ora un testimone. Basta col concettuale, e con tutti i prodotti telematici. Ora, che forse siamo fuori dal covid, torniamo a nutrirci dei frutti autentici e rigenerativi di una qualche modalità pittorica, che non so bene dove porterà, ma certo è un sentiero che vale la pena di percorrere, e quindi approvo questi saggi iniziali e felici di Viel.
Condividere frasi in campo allargato, Milano, Galleria Milano, fino al 12 marzo.

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