Attualità

Padiglioni stranieri alla Biennale

Padiglioni stranieri alla Biennale

Questa settimana rinuncio nel mio blog al pezzo di attualità politica per mettervi una doppia razione d’arte e per chiudere i conti con l’attuale Biennale di Venezia parlando un poco dei vari Padiglioni stranieri , per quel poco che posso giudicare  da google e simili. Cominciamo pure da quello dedicato all’Italia, che continua ad essere messo in fondo a tutto, difficile da raggiungere, molti visitatori forse lo evitano per stanchezza. E poi ci lamentiamo della poca considerazione in cui a livello internazionale è tenuta la nostra arte, ma siamo noi i primi a degradarci.  Magari è bello e democratico che ci trattiamo come un qualunque Paese ospitato, ma avremmo il diritto di concederci un qualche privilegio. Io e altri insistiamo ad ogni edizione a che si ritorni a occupare come un tempo si faceva, un’ala del Padiglione centrale. A parte questo, considero perniciosa l’idea di esporre un unico artista, questa volta tocca a Massimo Bartolini, fosse almeno un artista di alta levatura da proporre all’attenzione  mondiale. Mi pare che un tempo avevamo addirittura esposto un dominatore come Penone, e la Alemani, in una triade, ci aveva messo almeno una forte presenza come quella di Roberto Cuoghi. Il curatore del  momento è luca Cerizza, che era un buon cacciatore di talenti tempo fa, ma ora con questo Batolini non mi sembra che vada molto lontano, non si sa bene che cosa voglia dire quella selva di tubi tutti rettilinei che l’artista ci concede, con appena una minuta statuetta, indecifrabile ai miei occhi, posta nel tentativo di dare una scossa, un embrione emotivo a tanta noia conformista. Naturalmente i premi ufficiali sono andati a esponenti o a gruppi che confermano il clima retrospettivo dell’intera Biennale. Dovessi fare io la scelta, premierei il Padiglione della Francia che propone un artista fin qui a me sconosciuto, Julien Creuzet, nato nell’86. Forse perché mi piacciono le soluzioni stracciate, filiformi, precarie, di cui questo artista dà ottima prova, e poi magari una segnalazione se la meriti anche il Giappone con Yuko Mohri, anche lui con soluzioni estenuate, filiformi, leggere e volatili. Male gli USA, che obbedendo alla cattiva impostazione tematica generale ci offrono una sorta di riedizione della Capanna dello Zio Tom, e così via, non riesco a trovare altro bene a cui attaccarmi con approvazione. Ma forse è tutta colpa dei miei occhi stanchi e sempre più imprecisi.  Magari da segnalare la presenza del Vaticano, che osa sfidare un asso del non conformismo come Cattelan, che però in questa occasione mi pare recitare  anche lui un ruolo modesto, quasi conformista

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