Attualità

Paola Ricci, poesi porecaria

Paola Ricci

Questa settimana ho deciso di dedicarmi alla poesia, un genere per me insolito e scarsamente praticato, la cui prima caratteristica è di esigere dai suoi cultori di procedere con delle divaricazioni,  allontanando i vocaboli da una qualche vicinanza di significati, esattamente il contrario di quanto pretende la prosa, che invece richiede coerenza, attrazione delle pari attorno a un  nocciolo di continuità. In questo senso cade a proposito un libercolo che ho ricevuto da una a me sconosciuta Paola Riccci,  Camminando dondolandosi su fili di ragnatela. Ebbene, un simile senso di fragile precarietà governa tutti i versetti della raccolta, che in fondo sarebbe un canzoniere d’amore, uno dei tanti che le donne hanno espresso nei secoli quasi per distinguersi dalle prestazioni più dure e muscolari dei colleghi dell’altro senso. In  definitiva, la nostra Ricci pratica forse senza saperlo uno degli esiti a cui hi dedicato un mio saggetto di qualche tempo fa, Viaggio al termine della parola, raccogliendo una serie di liriche che si permettevano di violare l’integrità delle singole parole, o delle frasi consacrate dalla sintassi.  Si veda per esempio quanto trovo alla p. 53 di questo breve canzoniere: “Rotolando rotola la rete arrotolata alla ruota”. Oppure, a p. 60: “… lontano, scivoli con invisibili memorie / come dolci nausee impaurite”, Bisogna riconoscere che in questo terzetto di vocaboli ci sta un ben grumo di  unioni incongrue, come pretende l’esercizio stesso della poesia, mentre sarebbe difficile concederlo alla prosa. E così via, tutto in questi versetti tremola, oscilla, appare incerto, incongruo, il che mi conduce all’approvazione, magari contrastata dalle pagine di commento prosastico che fanno seguito a queste prestazioni notevoli proprio per la loro precarietà e senso di uno squibrio inafferrabile

Paola Ricci, Camminando dondolandosi su fili di ragnatela, Eretica Edizioni, pp. 71, euro 15.

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