Arte

Schuyff, un buon esempio di street art

La solita visita a immagini solo virtuali oggi mi porta molto vicino a casa mia, tanto che, se l’opera di cui vado a parlare già esistesse, potrei andare a vederla di persona, ma, se non sbaglio, al momento è solo un progetto, però efficace, che oltretutto mi permette di riassumere le molte cose che in varie occasioni mi è avvenuto di dire a proposito della questione cruciale della street art (o wall painting, o muralismo, eccetera). Lo spunto è dato da una intera parete di un edificio in zona Navile che dovrebbe essere ricoperta da un’ ottima scacchiera a quadrati policromi, progettata da Peter Schuyff, artista olandese di nascita (1958), ma formatosi a New York, dove rappresenta una delle migliori modalità di far sopravvivere la pittura. Riassumo in breve le puntate precedenti. Sono un convinto sostenitore della necessità del recupero dell’ornamento, che nella nostra temperie dei secondo Novecento e oltre (vogliamo dire di postmoderno inoltrato?) cessa di essere un delitto, come voleva il clima primo-novecentesco dominato dal macchinismo e derivati, per divenire invece un prodotto d’obbligo, da inserire nel paniere dei consumi come necessità primaria. Ma da adibire soprattutto nelle periferie, per sollevarle dal loro degrado e stato di incuria, mentre al contrario bisogna tutelare gli edifici storici da quella stupida contaminazione praticata dagli stenterelli, che li insudiciano con sgorbi, con atti pretestuosi di insopportabile e gratuito narcisismo. Però, si faccia attenzione al fatto che questo generale rilancio deve riguardare interventi ornamentali, portati quindi a diffidare di un figurativismo sfacciato, aneddotico, magari di derivazione surrealista. Devono essere invece interventi magri, stilizzati, attenti a evitare inutili espressioni volumetriche. Venendo alla brillante scacchiera progettata da Schuyff, vi trovo in versione ottimale tutte queste componenti, il che però dovrebbe indurre tutti, e l’artista in primo luogo, a lasciar cadere un richiamo a Morandi. Le tele di Morandi sono esattamente il contrario di quanto ci vuole per queste occorrenze decorative, si presentano in piccoli formati, densi, golosi delle loro tinte deliziosamente incentrate su gamme ristrette. Bisogna evitare che un richiamo a Morandi diventi una specie di obbligo per quanti, pur con tutte le carte in regola, vengano a lavorare nella nostra città. Si noti che nell’indicare questi vari requisiti per validi interventi parietali sono rigoroso, nutro dei dubbi perfino nel caso del misterioso Bansky, che più che altro trasferisce delle illustrazioni degne di giornali illustrati appunto sulle pareti senza avvertire il bisogno di ridimensionarle. Tornando a interventi che siano davvero di carattere ornamentale, ci vorrebbe una giuria di esperti per decidere chi e con quali progetti possa accedere a un compito del genere, anche se mi rendo ben conto di quanto sia difficile imporre una regola del genere. Ma ho lodato quanto fatto in passato dalla coppia Musso-Naldi, capaci di saper selezionare proposte valide, che ovviamente devono passare per il gradimento degli abitanti nell’edificio interessato a quella decorazione. Più facile decidere nel caso di edifici pubblici, scuole, ospedali, centri civici. E beninteso questa necessità decorativa deve espletarsi sia in senso parietale, di occupazione di superfici, sia in senso plastico, con monumenti da elevare, poniamo, nelle rotonde del traffico. Il che aprirebbe infinite possibilità di lavoro per tutti i professionisti dell’arte.

Standard