Letteratura

Veladiano, dal maledettismo al buonismo

Sono intervenuto due volte su altrettanti romanzi di Mariapia Veladiano, in entrambi i casi con giudizio negativo, contestandole di andare a pescare vicende clamorose, incesti, testa-coda tra nonni e nipoti, malattie inesorabili e alienanti, ovvero il ricorso a ingombri psicosomatici pesantissimi, che però, altro limite da me rilevato, non venivano accompagnati da efficaci cartelle cliniche circa gli stati di disagio o di vera e propria malattia dei protagonisti messi in campo. Ora dovrei quasi dire, dopo la lettura dell’ultimo prodotto della Veladiano, “Adesso che sei qui”, che sembra quasi ci sia stata in lei una qualche consapevolezza dei miei capi d’accusa, con la conseguente volontà di porvi rimedio. Così senza dubbio non è, data la mia insignificanza e la ben rara lettura da parte di qualcuno di questi miei appunti. Ma certo devo constatare un totale ribaltamento di ingredienti. Sono però una malalingua, anche se priva di qualche efficacia, e dunque devo di nuovo pronunciare un verdetto negativo, improntato, se si vuole, al detto proverbiale “troppa grazia, S. Antonio”. Infatti la nostra scrittrice sembra essere passata da un fosco maledettismo, nutrito dei miasmi di una provincia retriva e bigotta, a un “buonismo” ugualmente eccessivo. Infatti nulla si può imputare alla protagonista, la zia Camilla, irreprensibile in ogni suo atto di vita, sia pregressa che attuale; nessuna colpa, nessun vizio, come viene attestato da una nipote, Andreina, anche lei del tutto acqua e sapone, che le si affianca, assumendo il compito di farsene la biografa, anche se è un compito ben arduo, in quanto non c’è proprio nulla di eccezionale da rilevare. Curiosa la modalità di questo rapporto parentale, sembra quasi che la Veladiano abbia colto a volo un suggerimento proveniente da una sua collega, anche lei di qualche successo, la Di Pietrantonio dell’”Arminuta”, dove una figlia di troppo, per un povero ménage di contadini del Sud, viene data in affido a una famiglia più agiata, che però la restituisce, con grave sconcerto di tutti. Qui a dire il vero non siamo nella stessa situazione, la Veladiano si muove a livello di una borghesia agjata del Nord, addirittura con residui nobiliari, ma resta il fatto che questa Andreina, nel suo nucleo familiare già provvisto di altri figli, è sentita come di troppo, e quindi ceduta ben volentieri a divenire l’ancella, la badante della brava zia Camilla. Non basta, se nelle prove precedenti rimproveravo la nostra autrice di non offrirci analisi dettagliate circa lo stato psichico dei suoi personaggi, anche per questo aspetto nell’uscita recente sembra voler fare ammenda, in quanto infligge alla povera sua protagonista nientemeno che il morbo di Alzheimer. Ovviamente una sorta di diario di come questo flagello si insinua e va crescendo la sua morsa sarebbe di notevole interesse. Ma la brava zia Camilla, più che essere seguita nel decorso della malattia, ce ne offre continuamente un annuncio, sempre rimandato nei suoi effetti, rimaniamo cioè in attesa di una effettiva registrazione di stati d’animo, reazioni, defaillances a seguito del propagarsi della malattia. Altra cosa che non funziona, sono i siparietti, affidati a caratteri in corsivo, che intervallano la narrazione in presa diretta, e che dovrebbero proprio costituire una specie di auscultazione dei sintomi del malanno e del suo decorso. Ma non è ben chiaro chi sia a pronunciare quelle smunte sentenze, è l’ammalata stessa che si confessa a noi, o la nipote in veste di infermiera, o la scrittrice stessa che viene in aiuto alle sue creature parlando a nome loro? Difficile rispondere a un simile quesito.
Mariapia Veladiano, Adesso che sei qui. Guanda, pp. 265, euro 18.

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