Continua ad affermarsi una valida comparsa di testi narrativi che evitano di sfruttare l’abusata moda del “giallo” e non mirano neppure a sfociare in qualche prodotto televisivo. Dopo aver dedicato la domenica scorsa un elogio alla Sottili, ora posso dire bene, seppure con dubbi e riserve, di un altro romanzo, “Non superare le dosi consigliate”, di Costanza Rizzacasa D’Orsogna, le cui poche apparizioni anteriori a questa recente giustificano una mia completa ignoranza su di lei. A mettermi sulle sue tracce ha provveduto una pur minuscola recensione di un’ottima intenditrice quale Silvia Ballestra. Volendo trovare un genere entro cui classificare questa prova, potremmo evocare l’elegia, o la geremiade, cioè un lamento, una protesta contro i colpi del fato, di un’avversa fortuna, di un’umanità maligna e pregiudizievole. Roba che trova il suo capolavoro assoluto nell’”Elegia di Madonna Fiammetta”, in cui il genio narrativo del Boccaccio ha profuso le sue doti migliori. Per rispettare le regole di questa forma di narrazione, bisogna stare dentro al tema, non uscirne, ma nello stesso tempo trovare al suo interno una materia sufficiente per riempire il componimento. In linea di massima sarebbe pure questo il caso, in quanto la protagonista, tale Matilde, inutile stare a chiedersi se ci sia qualche riscontro con la biografia dell’autrice, denuncia il male che l’ha afflitta, una grassezza eccessiva, una bulimia sfrenata, con relativa assunzione di tutti i prodotti in cui si esplica l’offerta alimentare dei nostri giorni, accompagnata da uno straripante assedio pubblicitario. E quando la nostra scrittrice sta al tema, tutto procede bene, le sue confessioni, o lamenti tristemente elegiaci, o in vena di inarrestabili geremiadi, sono convincenti, ottimi sintomi di un male dei nostri tempi. Ma in qualche misura è pure possibile rivolgere contro la protagonista quanto lei stessa ci dice nel titolo, seppure pensando di rimanere all’interno di una prescrizione di ordine dietetico o farmaceutico, “non superare le dosi consigliate”. E’ quanto invece l’autrice non fa, ma a livello globale di strategia narrativa, infatti spesso e volentieri accantona questo aspetto riconoscibile e valido, di una fame incontenibile, insaziabile, con relativo aumento del peso fino a proporzioni mostruose, per gettare occhiate attorno a sé, o anche a se stessa, ma secondo un percorso a strappi, a singhiozzi, tra il dire e il non dire, con accuse, attacchi improvvisi e inopinati, ma prontamente seguiti da ritirate, da smentite. Forse è inevitabile che il rifarsi dalla prima infanzia, alla ricerca delle tracce iniziali di bulimia implichi di necessità il portare sul banco degli accusati la propria famiglia, ma già qui comincia un procedimento a base di atti d’accusa subito seguiti da ritrattazioni, La madre, quale giudizio darne, è la prima colpevole a sfiduciare Matilde, a stigmatizzare in misura atroce la sua grassezza, o invece no, tutto sommato è stata amorevole, pronta alla comprensione? E il padre, un mostro di indifferenza, o invece una creatura sensibile, del tutto degna di ricevere l’affetto della figlia? C’è poi tutto un ballare su e giù a livello sociale ed economico. Il padre è stato persona di successo, o invece ha trascinato la famiglia a condizioni fallimentari? La stessa avidità della protagonista ha dovuto saziarsi tante volte non più che di un pane povero, da sottoproletariato. E c’è pure un andare su e giù quanto a doti intellettuali della protagonista e sue eventuali affermazioni di ordine professionale. E’ una “minus habens” quanto a talento, oggetto di scherno da parte delle compagne, e, come detto, perfino dei genitori, o al contrario è piena di meriti che le consentono una brillante carriera negli USA? Insomma la narrazione sbanda, apre spiragli in troppe direzioni, anche se non dobbiamo dimenticare la massina pirandelliana secondo cui “la vita non conclude”. Ma in definitiva la nostra Matilde supera in troppi casi “le doti consigliate”, anche secondo il saggio proposito formulato a suo vantaggio. Per fortuna l’andamenti narrativo si riscatta ogni volta che torna a risuonare la sconsolata elegia per la grassezza molesta, con tutti i disturbanti fattori somatici che l’accompagnano.
Costanza Rizzacasa D’Orsogna, Non superare le dosi consigliate, Guanda, pp. 249, euro 18.