Attualità

Dom. 19-7-20 (Giuseppi)

Come tutti, ho pronosticato lunga vita in qualità di premier al nostro “Giuseppi”, però deve evitare di uscir fuori dal suo ruolo di furbo mediatore tra eccessi opposti. Invece negli ultimi giorni l’ha fatto almeno in due occasioni, mi sembra lunedì scorso in cui ha rilasciato al “Fatto quotidiano” una dichiarazione recisa di revoca del mandato ai Benetton, per poi vedersi costretto a rimangiarsi tanta perentorietà accedendo a vie più moderate consigliate dai soci di governo, con successo di una raggiante De Micheli che è apparsa la vera trionfatrice in questo nodo. Poi c’è stata l’altra dichiarazione ugualmente ultimativa di voler prolungare lo stato di emergenza per il contagio fino al prossimo dicembre. Qui è toccato a un più prudente ministro Speranza fissare l’asticella al limite ben più ragionevole del 31 luglio. In particolare, se si prorogasse oltre questa data ormai prossima l’obbligo di mantenere le distanze previste, sarebbe un disastro, per la scuola e per tutte le manifestazioni culturali, sportive, associative, con grave danno per i rispettivi settori. Tutto questo, l’ho detto ormai fino alla noia, per la non accettazione del criterio elementare del termo scanner. Chi non è in stato febbrile, ha diritto di accedere in qualsiasi luogo, pubblico e privato, al chiuso o all’aperto, e anche di sedersi vicino a chi come lui o lei al momento non riveli uno stato di febbre, Se poi si tratta di un positivo asintomatico, che conta? Vorrà dire che contagerà un qualche vicino cui a sua volta sarà negato l’accesso. Ritorno anche su un altro mio chiodo fisso, che si dovrebbe indagare sull’assoluta anomalia cui l’Italia è andata soggetta, risentendo del contagio in maniera smisurata, rispetto ad altri Paesi europei. E’ questa solo una leggenda metropolitana, dato che poi il morbo si è esteso dovunque? No, la cosa resta sancita, siamo noi i primi, assieme alla Spagna, a recitare questa parte e a chiedere in nome di questa nostra disgrazia sovvenzioni particolari dall’UE, quindi in qualche modo chiediamo una “patente”, al modo del personaggio pirandelliano che voleva riconosciuto il suo ruolo di iettatore. Noi in qualche modo vogliamo che ci venga riconosciuto il ruolo di essere stati “grandi malati”, e di ricevere di conseguenza un trattamento di favore, cioè appunto una patente. Ma perché lo siamo stati, da cosa è dipeso questo non invidiabile privilegio? Purtroppo viene fuori una pennellata in più a scapito di un’Italietta fatta solo di pizzaioli e di mandolinari, che ora chiedono l’elemosina ai compassati e severi Paesi del Nord, andati soggetti al contagio in misure meno pesanti, forse perché non sovrastati da petulanti virologi, incapaci di prevedere e consigliare a tempo opportuno.

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