Attualità

Michele Serra: un ritiro condivisibile

Michele Serra è un autore ben noto, chi non legge ogni giorno la sua “Amaca” su “Repubblica”, condividendone i toni di un impegno giustamente iroso e scandalizzato che non fa sconti a nessuno, perorando una nobile causa di valori, diciamo così, sentitamente di sinistra? Qualche domenica fa mi è capitato di fare un confronto tra i nostri due maggiori quotidiani, dando proprio la palma all’”Amaca” di Serra nei confronti del suo dirimpettaio, sul “Corriere”, Massino Gramellini, che invece nelle sue noterelle quotidiane appare più frivolo e leggero. Si aggiunga, se qualcuno teme l’impegno eccessivo, che Serra, sull’”Espresso” sa pure coltivare il disimpegno più umoroso entrando in lizza con un altro contendente, Stefano Benni. Ma ecco la sorpresa, l’impegnato a tempo pieno affida a una sua controfigura, tale Attilio Campi, una mossa in senso del tutto contrario, si dichiara stanco, nauseato proprio da quel porsi sempre in prima fila, nel fronte, direbbero gli oppositori, del radical-chic, e mette in atto invece una fuga verso una vita primitiva e selvaggia, di ritorno alla natura, a una esistenza paga del poco, poco cibo, pochi conforti, in una rinuncia quasi di sapore francescano a tutti i privilegi che gli venivano dai precedenti impegni e successi personali. Un simile movimento di fuga non è certo insolito, già altri hanno deciso che bisognava giocare di rovescio, fuggire dallo scenario di una attualità sfolgorante, ma direi che nessuno è riuscito a realizzare questa marcia a ritroso nei modi convincenti quali ritroviamo proprio nell’’indietreggiamento attuato dal nostro autore. Penso per esempio a un Antonio Moresco, anche lui deciso a far ritirare sui monti una sua emanazione, ma senza resistere al richiamo di una “lucina”, come titolava un racconto di qualche tempo fa, e dunque la ricercata solitudine veniva interrotta da un misterioso richiamo, cui il candidato all’eremitaggio non riusciva a sottrarsi. Perfino un consumato umorista come Benni ci ha provato pure lui a ritirarsi sui monti, spogliandosi “Di tutte le ricchezze”, come titolava un suo racconto, il cui protagonista cercava di lasciar cadere la solita maschera del fustigatore dei vizi e costumi della nostra scena quotidiana, ma anche in quel caso, mi è capitato di commentare, l’autore si era portato dietro un po’ di bagaglio, era caduto nel solito vizio di sparare frecciate moraleggianti e critiche. Invece la forza di questo racconto svolto da Serra sta proprio nella misura integra, inflessibile secondo cui il progetto di rinuncia viene condotto, ovvero, per giocare anche in questo caso sul titolo, il narratore ci si è messo davvero d’impegno nell’inseguire e realizzare il progetto “Le cose che bruciano”. C’è quasi una imitazione del nichilismo estremo alla Beckett, d’altra parte evitando il carattere quasi teorematico con cui lo scrittore francese persegue la spoliazione di ogni suo avere. Qui il protagonista non si distacca del tutto da una certa quotidianità, il modo con cui si disfa di vecchio mobilio, di antiche memorie e ricordi è davvero condotto in modo metodico e nello stesso tempo efficace, ragionevole, senza ostentazione. D’altra parte sempre nel titolo è inclusa perfino una dose di ambiguità, infatti in quelle cose sottoposte a una metodica distruzione c’è pure un pacchetto di lettere, un epistolario tra la madre e una presenza maschile sconosciuta. Chissà, se il distruttore le leggesse, verrebbe a conoscere una verità “bruciante”, che la sua paternità risale a qualche amante della genitrice, meglio quindi fermarsi, procedere implacabilmente all’atto distruttivo, senza farsi attrarre troppo da eventuali residui legami con la famiglia, per esempio con una sorella che si compiace di una condotta simmetricamente opposta, si concede cioè ogni piacere, ogni licenza e tolleranza quali possono essere consentite dalla sua avvenenza fisica. Nulla insomma può impedire a questo candidato all’autodistruzione di proseguire con rigore, ma anche in modi verosimili, quasi per vie naturali, nel suo progetto nichilista, fino quasi a rendercelo accettabile, condivisibile.
Michele Serra, Le cose che bruciano, Feltrinelli, pp. 171, euro 15.

Standard