Letteratura

Parrella, un tipo di donna in regola coi nostri tempi

Ho letto con molto piacere e adesione l’ultima prova di Valeria Parrella, “Quel tipo di donna”. Del resto non avevo mai negato un consenso alle sue molte opere precedenti, compresa la penultima, “Almarina”. Sia detto tra parentesi che questi nuovi autori sono instancabili, sempre pronti a buttar fuori nuovi prodotti, forse incalzati dall’industria culturale, dai suoi tempi e obblighi. Ma quello che piace in questo recente prodotto è l’andamento molto libero, in francese si direbbe “á bãtons rompus”, per cui la nostra Parrella non si preoccupa di costruire una storia, una trama, come ha fatto in passato. O meglio, si tratta quasi di un’opera trasversale in cui la scrittrice infila agilmente un po’ tutte le sue varie comparse precedenti, chiedendo il conforto, il concorso di altre tre compagne di avventure, che sono proprio “quel tipo di donna” a cui lei stessa appartiene: persone dotate di un buon grado di cultura, anche se faticosamente conquistato innalzandosi da condizioni proletarie dei rispettivi genitori. Aperte a tutte le possibili avventure imposte dallo scenario quotidiano, a cominciare dal sesso, dato che sono inseguite dallo spettro della solitudine, pronte del resto a comunicarsi i rispettivi amori, o invece a nasconderseli accuratamente. Amori sfuggenti, affidati a messaggini sul cellulare, sempre a rischio di sparire nel nulla. Una condizione di disagio, psichico, sociale, che spinge “quel tipo di donna” a fare comunella tra loro, e per esempio a imbastire viaggi, in luoghi esotici, come potrebbero essere la Turchia, l’Anatolia. Le nostre protagoniste sono un impasto tra audacia, fino a limiti di scostumatezza, e invece conservazione di un certo decoro, come è dovuto a quel tanto di intellettualità che c’è in loro. Naturalmente, queste peregrinazioni turistiche mescolano insieme motivi di fascino e di rischio. Il primo per esempio è rappresentato dall’apparire di una maestosa tartaruga che blocca l’auto su cui si trovano imbarcate nelle loro industriose peregrinazioni. Questo saltabeccare tra ostacoli e attrazioni del presente e della geografia è anche abbondantemente condito da improvvise emersioni di ricordi di infanzia, in cui domina la figura di nonna Teresa, che introduce anche un lievito ideologico, in quanto quella fiera ava era stata coraggiosamente antifascista, e poi orgogliosamente iscritta al PCI, al punto di volere che nella sua bara fosse collocata una copia dell’”Unità”. Ma tanto rigore non appartiene allo stile di vita del nostro “tipo di donna”, che invece ci appaiono disposte a vivere alla giornata, al di fuori di progetti, di scelte rigorose e coerenti. Però proprio questo aprirsi quasi al caso costituisce l’attrattiva di questa prosa libera, sciolta, senza fini prefissi.
Valeria Parrella, Quel tipo di donna, HarperCollins, pp. 107, euro 16.

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