Letteratura

Piersanti, vani tentativi di evasione

Non ho molta dimestichezza col mondo di Claudio Piersanti, che pure ha al suo attivo una decina di romanzi. Forse mi sono misurato direttamente solo sul suo “Luisa e il silenzio”, del lontano 1997. Riprendo ora il contatto con l’appena uscita “Forza di gravità”, eppure mi pare di intravedere in lui un tratto ricorrente. I suoi personaggi patiscono di una situazione concentrazionaria, se ne stanno racchiusi in stanze, da cui anelano di saltar fuori, ma questo loro giusto impeto, che risponde a una delle migliori istanze di tutta la contemporaneità, l’ansia di fuggire, di cercare uno stato libero e nomadico, viene sempre frustrato. Ovvero i protagonisti, appena usciti da una prigione, ricadono in un’altra. Il tutto è certo segno di una autenticità di ispirazione, ma anche di un limite, di una tensione a evadere, a liberarsi che non riesce mai raggiungere un buon fine. Andiamo a vedere il caso presente. Protagonista principale è Serena, una diciottenne prigioniera appunto del suo pur confortevole appartamento, dipendente da una zia che le tiene il posto della madre, troppo presto scomparsa, e anche di un genitore praticamente assente, incapace di esercitare il suo ruolo. Serena, in definitiva, si adatta molto bene a quella condizione di prigionia protetta, ha una condotta improntata ad ogni possibile correttezza, aspira a fare buoni studi, a distinguersi nella vita professionale, a costo di sacrificare le valenze sessuali, ignora quasi l’amore, finché non incontra un’anima gemella, tale Ottavio Celeste, che la sfiora con un bacio, ma se ne sta pure lui racchiuso in un’altra scatola. E in definitiva la preoccupazione principale di Serena è di rendersi utile a un’altra presenza, pure quella segregata, in stato concentrazionario esattamente come lei. Si tratta del personaggio detto il Professore, abitante in un appartamento adiacente, che a sua volta è prigioniero delle sue ripicche, manie, fobie, da cui si sente indotto a tenere l’intero mondo ”in gran dispitto”, progettando una protesta di carattere forse un po’ troppo singolare e inusitato. Infatti costruisce, coi suoi pochi mezzi, addirittura un modello di ghigliottina, rivolto a punire qualsivoglia rappresentante del potere costituito che intenda riportarlo all’ordine. In sostanza, il verdetto dei benpensanti è che il Professore sia uno psicopatico, bisognoso di internamento, di reclusione in clinica, come infatti tentano di fare due infermieri. Ma mal gliene incoglie, dato che il Professore è ben lieto di far intervenire contro di loro proprio la ghigliottina progettata a questo scopo, mozzando all’uno una mano, e infliggendo all’altro una ferita quasi mortale. Col che è costretto a darsi alla fuga, ma qui si verifica la strana sindrome di cui si ho già detto. Chissà, forse il romanzo doveva finire qui, quando il Professore intraprende il suo sconclusionato e folle “viaggio al termine della notte”. Ma no, l’autore a quanto pare non sopporta il vuoto, la libertà totale, e dunque il nostro protestatario in realtà approda a un nuovo luogo confortevole, trova chi lo ospita, i rischi della legge che egli ha offeso gravemente sembrano non avere effetto nel suo caso, come se l’avventura cruenta da lui provocata nella stanza di partenza fosse stata appena uno scherzo. Naturalmente la nostra anima bella, la nostra crocerossina veglia su di lui per rendergli la fuga agevole e propizia. Ma a lungo andare anche la sua stessa condizione si sta logorando, la vita in ospedale cui approda dopo studi, compiuti con la diligenza che le è propria, a un certo punto non la soddisfa più, e dunque anche lei sente di dover partecipare a quella fuga da ogni ordine stabilito cui si è già dato il suo protetto. Ma, si potrebbe concludere, questi estremi tentativi di “straniamento”, di liberazione da ogni ceppo, in entrambi i personaggi restano fuori campo, la maggior parte delle pagine del romanzo sono piene dei loro successivi stati di imprigionamento, quello che si disegna è un continuo passaggio da una gabbia all’altra, anche se sostenuto con perizia e abbondanza di dettagli.
Claudio Piersanti, La forza di gravità. Feltrinelli, pp. 297, euro 18.

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