Letteratura

Sottili: un vento che riporta memorie

Nonostante che si parli tanto della crisi del cartaceo, questo resiste attraverso una abbondante uscita di uno dei suoi frutti più consistenti, il romanzo, che non pare proprio arrendersi rispetto al pur temibile rivale televisivo. Purtroppo, essendo un decaduto, ricevo ben pochi omaggi a domicilio, ma sbircio avidamente le recensioni contenute nei vari supplementi letterari, anche questi in definitiva cartacei, e procedo all’acquisto di romanzi che mi sembrino solleticanti, anche se non so nulla dei rispettivi autori, e non ne ho letto qualche prodotto precedente. E’ il caso di Eleonora Sottili e del suo “Senti che vento”, che mi sembra un buon frutto di varie componenti. Intanto, di un realismo che è pur sempre la moneta pagante, ispirato alle varie alluvioni che anche in tempi recenti hanno funestato il nostro Paese. Qui siamo a un esubero del Magra, in Liguria, e la descrizione di come le acque aggrediscono un villino invadendolo fino al primo piano è condotta in modi lucidi, esatti, senza concedere nulla a fattori misterici, come poteva avvenire nei racconti di Buzzati. E’ un pericolo reale cui si può reagire con gesti concreti, come quello di affrettarsi a portare ai piani superiori gli oggetti, utili o inutili, giacenti in basso, tra cui anche i regali ricevuti per un matrimonio imminente, che dovrebbe unire la protagonista, Agata, a un giovanotto, tale Giacomo, figura incolore e praticamente assente. Qui si potrebbe inserire una nota psicologica, a integrazione della sventura meteorologica, in quanto è evidente che la fidanzata non gradisce molto quell’unione prossima, e dunque è ben lieta che l’invasione delle acque distrugga quei doni, incolpevoli simboli, di un futuro non troppo amato. Accanto a lei ci sono una nonna e una madre, le tre costituiscono una piccola comunità ben organizzata e autosufficiente, tanto da rifiutare risolutamente le proposte di aiuto, o di esodo, che giungono loro dalle squadre di pronto soccorso. Infatti uno dei meriti di questo romanzo è di evitare assolutamente le note della fosca tragedia, questo nucleo familiare sopporta molto bene la calamità. Le tre donne si accontentano che l’assistenza provveda solo a rifornirle di acqua potabile, che diversamente non uscirebbe dai tubi, ormai inutilizzabili. Si dà anche un abile gioco tra il dentro e il fuori, per esempio una barca, trasportata dalla corrente, giunge a percuotere la casa. Le tre abitanti decidono di farla attraccare, quasi come preda di guerra, e intanto salvano dalle acque anche un cucciolo di cinghiale che diviene quasi la loro mascotte, come un cagnolino affezionato, alimentato con provvide poppate di latte. Accanto allo scambio con l’esterno, ne esiste uno all’interno, il frettoloso trasferimento degli oggetti collocati, e dimenticati nei ripostigli in basso portano alla scoperta di lontane foto di famiglia, coi loro relativi segreti, che giacevano nell’oblio, tra cui una relazione che la nonna aveva avuto con un amore clandestino. Del resto anche la protagonista numero uno, in quella reclusione forzata, ha tutto l’agio di riandare con la memoria a un suo tradimento nei confronti del fidanzato Giacomo. Lo avevamo intuito, che quella relazione non era alimentata da una vera e propria passione, per questo verso l’alluvione delle acque raggiunge una portata simbolica, assumendo il compito di cancellare, o almeno di rinviare sine die, un rapporto affettivo sbagliato, o avvertito come un “pis aller”. L’assenza del fidanzato non è solo dettata da cause di forza maggiore ma risponde anche a una “panne” sentimentale, quanto meno da parte della candidata al matrimonio, che peraltro è l’unica di cui conosciamo in cronaca diretta i sentimenti. Insomma, si potrebbe concludere, non tutte le disgrazie vengono per nuocere, quei giorni di isolamento causati dall’inondazione costituiscono un utile momento di pausa, di ripensamento.
Eleonora Sottili. Senti che vento. Einaudi, pp. 193, euro 16,50

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